gennaio 04, 2013

La questione sionista ed il Vicino Oriente. – Documentazione tratta dal quotidiano torinese “La Stampa”: Cronache dell’anno 1922.

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Mentre valgono le considerazioni generali già fatte per le precedenti fonti documentarie, e cioè: Vedi Elenco Numerico, pare qui opportuno rilevare ogni volta la casualità e imparzialità con la quale le diverse fonti si aggiungono le une alle altre, animati da una pretesa di completezza, che sappiamo difficile da raggiungere. Il quotidiano “La Stampa”, fondato nel 1867, rende disponibile il suo archivio storico dal 1867 al 2006. Valgono i criteri generali enunciati in precedenza e adattati ogni volta alla specificità della nuova fonte. Assumendo come anno di partenza il 1921 seguiamo un metodo sincronico, raccordandolo con quello diacronico basato su alcuni anni di riferimento.

LA QUESTIONE SIONISTA
E IL VICINO ORIENTE
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tratta dall’archivio storico de “La Stampa


1922
1921   ↔ 1923
Anno inizio spoglio: 1921.
La Stampa: 1882 - 1883 - 1884 - 1885 - 1886 - 1887 - 1888- 1889 - 1890 - 1891- 1892 - 1893 - 1894 - 1895 - 1896 - 1897 - 1898 - 1899 - 1900 - 1901 - 1902 - 1903 - 1904 - 1905 - 1906 - 1907 - 1908 - 1909 - 1910 - 1911 - 1912 - 1913 - 1914 - 1915 - 1916 -1917 - 1918 - 1919 - 1920 - 1921 - 1922 - 1923 - 1924 - 1925 - 1926 - 1927 - 1928 - 1929 - 1930 - 1931 - 1932 - 1933 - 1934 - 1935 - 1936 - 1937 - 1938 - 1939 - 1940 - 1941 - 1942 - 1943 - 1944 - 1945 - 1946 - 1947 - 1948 - 1949 - 1950 - 1951 - 1952 - 1953 - 1954 - 1955 - 1956 - 1957 - 1958 - 1959 - 1960 - 1961 - 1962 - 1963 - 1964 - 1965 - 1966 - 1967 - 1968 - 1969 - 1970 - 1971 - 1972 - 1973 - 1974 - 1975 - 1976 - 1977 - 1978 - 1979 - 1980 - 1981 - 1982 - 1983 - 1984 - 1985 - 1986 - 1987 - 1988 - 1989 - 1990 - 1991 - 1992 - 1993 - 1994 - 1995 - 1996 - 1997 - 1998 - 1999 - 2000 - 2001 - 2002 - 2003 - 2004 - 2005 - 2006.

Sommario: 1. Lettere dalla Terra Santa: Sionismo. – 2. A proposito di “Sionismo”: lettera di Dante Lattes. –

Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. –  Eventi del 1922. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1922.




Cap. 1

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Lettere dalla Terra Santa: Sionismo

La Stampa,
Anno LVI, n. 119
venerdì, p. 3
19 maggio 1922

   
(Dal nostro inviato speciale)

 GERUSALEMME, aprile. –  Contro la muraglia del Tempio di Salomone, sotto la spianata dove s’estolle come un fiore di marmo la moschea di Omar, gli ebrei non hanno cessato di piangere e di pregare. Io credevo in verità che cotesta costumanza millenaria, avesse subito una sosta per effetto della nuova posizione morale degli ebrei in Palestina... M’immaginavo che l’avvento, sia pure embrionale, del nuovo Stato Sionistico, che la venuta qui dei correligionari d’Europa e d’Åmerica a migliaia, avesse fatto tergere quelle lacrime che cadono dal giorno che Tito imperatore s’illuse di sopprimere il seme dell’irreducibile piccolo popolo che è stato forse il solo che Roma non riuscì ad assimilare e a domare. Invece il pianto degli ebrei contro la muraglia del Tempio viene tuttora versato. Gli uomini ambigui, sordidi, dai capelli inanellati e dai berretti di pelo, le donne ammantate di bianco, continuano ogni venerdì e anche negli altri giorni ad appoggiare le mani ai monoliti insensibili che Salomone fece sovrapporre, a ritmare col corpo uno strano movimento di va e vieni che sembra un appello disperato ai macigni e infine singhiozzare sul destino del popolo eletto. Pare che essi non sappiano e non credano al «National Home». al «Sionist Executive» o ritengano che la meditata volontà concorde degli ebrei di tutto il mondo, di veder la Palestina di Erode risorgere dal suo spaventoso sonno bimillenario sia una impossibile chimera. Piangere, dunque, poiché la maledizione è senza perdono e la disperazione d’Israele nel mondo senza rimedio...

Alto Commissario inglese e Governo ebraico

Cerchiamo di comprendere, riassumendola, questa grossa e grave questione sionistica, che è poi né più né meno che il tentativo di sopraffazione di un’esigua minoranza fanatica sul mondo palestinese arabo-cristiano. E incominciamo col ricordare in quale modo l’Inghilterra esercita qui il mandato affidatole dalla Francia e da noi. Dico subito che ad eccezione degli ebrei, l’Inghilterra in Palestina è passabilmente detestata, ma aggiungo che i sentimenti che il suo dominio ha sollevato sono per la maggior parte ingiusti. Avremo campo di dimostrarlo.

L’Inghilterra ha, dunque, qui un alto Commissario nella persona di sir Herbert Samuel, uomo di notevole valore, ebreo d’origine, attualmente in condizioni di salute precarie, tanto da obbligarlo a lasciare la Palestina per un congedo di convalescenza. Su questa malattia di Samuel corrono strane voci. Benché egli si sia senza dubbio lasciato influenzare dal fanatismo della consorteria sionistica, si giunge a supporre che gli ebrei abbiano tentato di avvelenarlo perché non abbastanza incline ai loro propositi.

L’Alto commissario esercita il suo potere per mezzo di una specie di ministero formato dal «Civil Secretary» (Interni), dal «Legal Secretary» (Giustizia) e dal segretariato delle Finanze o dell’Industria e Commercio, al quale è preposto un ebreo, il Salom. Da questo organismo centrale dipendono i Governatorati stabiliti nei principali centri della Palestina: Gerusalemme, Giaffa, Nazareth, Kaifa. Il potere militare è detenuto da un generale che risiede a Bir-Salem, ma a questo proposito conviene accennare che le forze di occupazione inglese in Palestina sono esigue, non più di tre o quattromila soldati, indiani per la massima parte. Palestina ed Egitto sono unite da un sistema militare unico, che ha il suo centro ad El-Kantara, presso il Canale di Suez. Di qui gli inglesi dislocano in un paese o nell’altro le forze, secondo i bisogni. Ai tempi della Turchia, la Città Santa non aveva una guarnigione superiore ai cento uomini, ma allora i credenti delle varie fedi, non erano in quel reciproco atteggiamento d’odio e di intolleranza che si trovano oggi.

Accanto all’Alto Commissariato ed al suo Ministero, sta il «Sionist Executive» cioè il governo ebraico, emanazione dei Congressi internazionali sionistici che si tengono fuori della Palestina ed espressione del Sionismo mondiale e locale. Il «Sionist Executive» è stato eletto dall’ultimo congresso di Karlsbad. È anch’esso diviso in vari ministeri e oberato da un’imponente burocrazia, composta naturalmente tutta da ebrei. Troviamo nel «Sionist Executive» un «dipartimento» dell’Educazione, uno Finanziario, preposto all’amministrazione delle ingenti offerte che provengono dagli israeliti di tutto il mondo, uno per l’Agricoltura, Industria e Commercio e finalmente uno per gli Affari Esteri del quale è capo l’Heedder. ebreo di un’attività e d'un ingegno poco comuni.

 Il «Sionist Executive» a poco a poco, agendo con il favore del Governo inglese si è posto sulla via per attuare il programma della «National Home» che è quello di fare della Palestina la casa ebraica del mondo, lo stato sionistico, quantunque la costituzione di detto Stato non sia stata prevista in nessuna Conferenza e neppure da Balfour. E qui torna opportuno ricordare come i propositi politici del «Sionist Executiv» facciano, a chi giunge in Palestina, lo stesso effetto che potrebbe essere prodotto, ad esempio, da una colonia romana che rimasta miracolosamente superstite in un punto ignorato del vecchio mondo, pretendesse di andare a stabilirsi da padrona mettiamo in Inghilterra pel solo motivo che quella è la terra della antica Brittannia romana...

Un po’ di statistica

La Palestina è oggi abitata da 648.000 arabi e cristiani (60.000 questi ultimi) e da 65.300 ebrei. Tolgo queste cifre da statistiche ebraiche. Gli immigrati israeliti venuti qui dalla fine della guerra sommano a 20.000. In queste condizioni, dinanzi alle ultime disposizioni inglesi che vietano ulteriori immigrazioni israelitiche (gli inconvenienti e i pericoli di nuovi arrivi di ebrei sono tali e tanti che gli inglesi sono decisi a sospenderle) e in confronto pure dell’impossibilità che la terra di Palestina ha di sostentare una popolazione superiore all’attuale; il «Sionist Executive» non allenta le sue pretese. Ottenuto il riconoscimento dell’ebraico come lingua ufficiale, per modo che questo paese ha oggi tre lingue ufficiali: l’inglese, l’araba e l’ebraica che vengono impresse insieme sulle tabelle e persino sui francobolli, i sionisti hanno dato l’assalto alle cariche e agli uffici governativi riportando un successo completo. Si sono così accaparrati la supremazia amministrativa nel Paese tiranneggiando i diritti degli arabi e dei cristiani e tirandosi di conseguenza addosso l’odio implacabile di tutto quello che in Palestina non è ebreo. Poiché bisogna pensare che se l’ebreo è stato altrove, nel mondo, perseguitato o odiato o considerato con disprezzo, qui, la sua condizione morale, sino alla fine della guerra, era assolutamente quella del paria. Gli arabi di Palestina, in modo ispeciale, più ancora dei cristiani, considerano ancora l’israelita con occhio meno benevolente di quello con cui guardano agli animali immondi... È quindi facile immaginare con che animo il mondo musulmano assista all’energica messa in azione del programma del «Sionist Executive». Incuranti, si deve pensarlo, delle paurose reazioni che preparano, gli ebrei di Palestina, i vecchi ma sopratutto i nuovi, vogliono dominare questa terra di cui il valore ideale cristiano ed islamita, non è certo minore al sionista. Asseriscono gli ebrei, che la loro minoranza ha un valore intellettuale infinitamente superiore alle altre comunità e in questo non hanno torto, che basta confrontare la vita di un centro ebraico, anche piccolo, con quella delle città o dei paesi musulmani ed anche cristiani... Rammento una notte a Tiberiade, tutta illuminata, fremente di ogni palpito, compresi gli impuri, della connivenza umana, con le sue ininterrotte botteguccie aperte sino a tardissima ora e per contrasto, ricordo Nazareth che ha una popolazione doppia di quella di Tiberiade, squallida, deserta, ostile, buia, completamente buia, allo sette di sera. Tiberiade è una borgata ebrea e Nazareth, è per la maggioranza, cristiana. L’ebreo, indubbiamente, significa lavoro, attività, tormento dei sensi e del pensiero, spirito di utilitarismo moderno, sovvertimento. Il musulmano è tutto il contrario e il cristiano di Palestina segue quest’ultimo, lo imita quasi preso e assorto com’è dalla suggestione che la fede riceve dai luoghi. E poi i cristiani sono pochi e fra quei pochi i più appartengono a comunità religiose, aliene per loro natura da ogni ostensibile manifestazione esteriore.

 Il Parlamento sionista

 Ma gli ebrei di Palestina non si contentano del «Sionist Executiv» ed ora hanno costituito addirittura un’Assemblea, un Parlamento, senza che nessuno li autorizzasse a farlo. L’hanno eletta quasi di soppiatto e formata di 500 membri! Un eletto ogni 200 ebrei, compreso lo donne. Che cosa esca da coteste riunioni non è difficile saperlo sfogliando i bollettini del «Press Bureau» del «Sionist Executive»... Quelli dal 6 al 9 marzo riferiscono sulla seduta che si è occupata della costituzione delle Comunità come se le antichissime comunità esistenti e formate in ogni municipio dai rappresentanti di ogni razza e religione fossero salite al cielo e gli ebrei si preoccupassero di rifarle secondo concetti, tendenze e finalità esclusivamente giudee. L’Alto Commissario lungi dal preoccuparsi di questo stato che si genera nello Stato con l’Assemblea legislativa creata dal «Sionist Executive» si è congratulato coi sionisti per la fruttuosa iniziativa... Il sommario tracciato dell’Organizzazione amministrativa della Palestina dove si vede che gli ebrei rappresentano la parte principale non sarebbe completo se trascurasse di accennare all’«Advising Council» venuto fuori per cercare di placare le ire arabo e cristiano che nell’avversione contro gli ebrei si trovano perfettamente d’accordo. Cotesto Consiglio è formato da arabi e da cristiani e dovrebbe, come dice il nome, assistere il Governo nelle sue decisioni. In pratica siccome la maggioranza dell’assemblea è formata da funzionari, l’« Advising Council» è sempre di parere inglese.

Ora sarebbe inesatto dire che gli inglesi intendano «coûte qui coûte» imporre alla Palestina il Sionismo. La linea di condotta dei nostri Alleati dipendente certo da vecchi impegni finanziari assunti dalla Gran Bretagna verso la consorteria ebraica americana ha favorito nel passato il sionismo o meglio l’ha subito, ma non sembra possibile che si mantenga immutata, nell’avvenire. La sospensione della immigrazione ebraica ne è la prova più evidente. E la riforma della gendarmeria, dove gli elementi ebraici provenienti dai famosi tre battaglioni israeliti che fecero la campagna con Allenby e che con ridicola esagerazione pretendono di aver liberato il paese dal turco, sarebbero sostituiti dai poliziotti inglesi rimasti disponibili dalla pacificazione irlandese; sta pure a dimostrare che l’Inghilterra è assai preoccupata dell’intolleranza sionista e della necessità di frenarla.

Fatti gravi in Palestina provocati dagli ebrei ne sono già avvenuti. Gli inglesi con una inchiesta lunga e minuziosa vollero vederci chiaro e vi sono riusciti presentando alla Camera dei Comuni una relazione lucida, coraggiosa ed onesta, nella quale sono posti in evidenza i pericolosi metodi della «National Home». Com’è presso a poco noto, i tumulti consistettero in scontri considerevoli ed assalti in piena regola e cruenti di arabi a colonie agricole giudee con partecipazione di centinaia di assalitori. Vi fu impiego di bombe, mitragliatrici, autoblindate ed aereoplani da parte degli inglesi. Le cause occasionali dei disordini derivarono dall’attività sovvertitrice di un gruppo di circa 300 ebrei russi bolscevichi che a Giaffa, con la loro propaganda suscitarono la diffidenza dei musulmani contro tutti i giudei importati dalla «National House». A questo si aggiunse l’opinione diffusa fra gli arabi che il Governo inglese armasse gli ebrei contro i maomettani. Ma i motivi profondi e generali del malcontento che determinò i torbidi passati e prepara i nuovi, vengono dall’inchiesta riassunti nella politica del Governo nei riguardi della «National House» e nei malintesi che cotesta politica ha prodotto: «Politica che ha culminato — dice la relazione — nel sospetto che il Governo sia sotto l’influsso sionistico e indotto a favorire una minoranza a pregiudizio della vasta maggioranza della popolazione». E quindi la relazione non esita a porre in evidenza i pericoli del sionismo per gli interessi nazionali e materiali degli Arabi in Palestina. «Non sarà possibile mantenere effettivamente legge e giustizia, perché la massa del popolo non può avere fiducia che si renda giustizia allorché vi è interessato un ebreo».

 “National Home” e Mandato

La relazione inglese insomma è una fiera filippica contro gli ebrei ed i sionisti che sono nel Governo. Sir Herbert Samuel come conclusione ai risultati dell’inchiesta ha cercato di suggerire dei rimedi, ma essi fanno l’effetto di pannicelli caldi.

 La creazione curiosa e nuova della «National Home ebraica» combinata con quell’altra formazione nuova nella Storia del Mondo che è il Mandato cioè la Tutela, ha posto in essere un regime così intricato e delicato per la Palestina che il successo può venir fuori soltanto da un equilibrio, da una ragionevole considerazione, nonché da un equo rispetto di tutti i diritti acquisiti dagli Stati cristiani e dalle comunità musulmane, ebraiche, cristiane, cattoliche, armene, copte, caldee, ecc. È indispensabile quindi un cauto procedere in confronto delle leggi e giurisdizioni qui imperniatesi. La vita di questo Paese è stata resa qual è, da secoli di storia, per stratificazioni quasi, depostevi da epoche diverse e da diverse civiltà e religioni. Non si può procedere per salti e in fretta. Qui vivono a contatto le nazionalità più diverse con tradizioni e costumi svariatissimi, le credenze e i riti non sono confinati nella sfera esclusiva della coscienza individuale ma investono l’attività sociale e politica del credente. Istituzioni e giurisdizioni sono millenarie. Guai a turbarle d’un colpo!

La Palestina è certamente la terra originaria degli ebrei, ma interessa molto di più il mondo civile moderno per la sua fisionomia di altare universale dell’edificio cristiano. Volendo con la fretta di incanalare o costringere il risultato di secoli ad anglicizzarsi per un verso e sionizzarsi per l’altro fra nuove direttive, significa alleare la noncuranza del passato con la scarsa competenza del presente, provocando un guazzabuglio foriero del più assoluto disordine.

Tutti gli Stati e in prima linea l’Italia hanno qui degli interessi ideali di altissimo valore da far rispettare. Toccarli o vagliarli senza la cooperazione delle Nazioni alleate significa andar contro al Mandato che l’Inghilterra si è assunto e che noi, suoi Alleati, le abbiamo affidato. Si convincano gli inglesi che molti interessi loro in Palestina collimano con quelli degli Stati cristiani. Viceversa ora la Gran Bretagna lavora per una Palestina avviata ad una nazionalità che diverrà, fatalmente, col tempo aspirazione ad una indipendenza carica di intolleranze e di pregiudizi e le cui finalità saranno sempre agli antipodi con quelle dei popoli cristiani.

L’Inghilterra, probabilmente, non tiene alla Palestina che per il suo valore militare nei riguardi del Canale di Suez. È un osso magro la scarna terra di Sion. Essa costò ai mandatari 4 milioni di sterline nei primi due anni di occupazione; ora le economie hanno ridotto la spesa a 2 e mezzo. Se gli inglesi si stancano di riscaldarsi in seno questo nido di vipere e in loro vece rimane il Sionismo vedremo sulla spianata del Tempio l’avvento apocalittico che potrebbe cancellare d’un colpo la vasta opera d’idealo pietà accumulata dai cristiani e specialmente dai religiosi d’Italia, attraverso i secoli.

ARNALDO CIPOLLA



Cap. 2

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A proposito di “Sionismo”: Lettera di Dante Lattes

La Stampa,
Anno LVI, n. 119
martedì, p. 2
6 giugno 1922

Il sig. Dante Lattes c’invia una lunga lettera in risposta all’articolo del nostro Cipolla sul Sionismo e le lacrime degli Ebrei, pubblicato nella Stampa del 19 Maggio. Per quel senso di verità e d’imparzialità che fu sempre guida al nostro giornale, pubblichiamo volentieri l’articolo, costretti solo a togliere qualche cosa qua e là di non sostanziale in causa della soverchia sua lunghezza.
Egregio Signore,

Le lacrime che gli Ebrei, senza tregua, per quasi due millenni, versano sul muro del tempio di Gerusalemme, sono l’espressione incoercibile e meravigliosa d’una fede incrollabile e d’un desiderio di risorgimento ideale e nazionale che i millenni non hanno calmato. La «disperazione» non è nel cuore d’Israele, ovunque sia; nel cuore d’Israele c’è la speranza. Anche nelle sinagoghe occidentali, negli ebrei non ancora traviati da altre ambizioni, la speranza del risorgimento è espressa, se non in forme così commoventi, certo con antiche parole che non lascian dubbio sulla certezza dell’avvento.

Questo sogno che i secoli e le storie non han cancellato nonostante ogni avverso tentativo, è risorto in forme concrete col Sionismo. Il quale non è un tentativo di sopraffazione di un’esigua minoranza fanatica sul mondo palestinese arabo-cristiano. È lo sforzo e l’anelito di libertà di un popolo oppresso.

1° L’esecutivo sionistico, emanazione dei congressi sionistici, non ha alcuna funzione politica né vuole costruire lo «Stato sionistico». Amministra le opere di colonizzazione ebraica, le scuole ebraiche, gli ospedali ebraici, tutti quei buoni istrumenti di civiltà e di progresso che si vanno creando nella deserta terra per il sacrificio ed il denaro ebraico. Il paragone del Cipolla fra l’Esecutivo sionistico e la fantastica «colonia romana che, rimasta miracolosamente superstite in un punto ignorato del vecchio mondo, pretendesse di andare a stabilirsi da padrona mettiamo in Inghilterra per il solo motivo che quella è la terra dell’antica Brittannia romana», non calza. La Palestina non fu colonia di precaria conquista ebraica, ma fu patria secolare della nazione che là ebbe la sede della sua civiltà originale ed a cui ritorna dopo una nostalgia incrollabile; nè il popolo ebraico è una colonia rimasta superstite in un punto ignorato del vecchio mondo. È un popolo che non ha altra sede nazionale nel mondo che quella deserta terra che arabi e cristiani hanno lasciato dormire in un sonno di morte dopo le grandi vicende della storia d’Israele. Solo gli ebrei fecero di quella terra un centro dell’universo morale.

 2° Assalto alle cariche e agli uffici governativi. È un luogo comune che ormai ha perduto qualunque efficacia. Un po’ di statistiche. La popolazione dell’attuale Palestina non supera i 550.000 abitanti, fra cui 100.000 sono ebrei, cioè il 20 per cento. Gerusalemme ha una maggioranza ebraica: sopra una popolazione complessiva di 70.000 abitanti essa ha almeno 40.000 ebrei, i quali hanno così poco assalito le cariche ufficiali da lasciare ai mussulmani l’amministrazione municipale con una condiscendenza che altri forse non avrebbe avuto. Quanto agli impieghi del Governo ecco le statistiche ufficiali:

Cariche superiori: Ebrei inglesi 14, Ebrei palestinesi 36; Cristiani inglesi 105; Arabi Cristian 82; Arabi mussulmani 63.
Cariche inferiori: Ebrei inglesi 13; Ebrei palestinesi 553; Cristiani inglesi 76; Arabi cristiani 967; Arabi mussulmani 521.

Gli impiegati ebrei sono dunque 616 (24 per cento), i cristiani 1290 (62 per cento), i mussulmani 581 (24 per cento). Si noti che una buona parte degli ebrei è occupata in funzioni tecniche, negli uffici postali e telegrafici (144) e in quelli ferroviari (126), per i quali gli arabi non hanno preparazione sufficiente. Cade dunque tutta l’argomentazione che attribuisce ai sionisti la supremazia amministrativa nel paese e la conseguente tirannide esercitata sopra arabi e cristiani.

Rimane il magnifico lavoro di ricostruzione della vita, nelle città e nelle campagne, che gli ebrei vanno compiendo e che non può non essere avvertito ed ammirato.

3° L’Assemblea ebraica, nonostante ogni contraria asserzione è stata legalmente autorizzata. Essa è stata eletta con suffragio universale, alla luce del sole e colla partecipazione del 71 per cento degli elettori. La sua inaugurazione fu salutata da una lettera dell’Alto Commissario inglese. È la rappresentanza legale dell’Ebraismo di Palestina ed essendo tale nessuno poteva negarle il diritto di occuparsi della costituzione dei nuclei ebraici o Comunità. Le quali sono una cosa diversa dai Municipi, in quanto non si occupano che di interne questioni ebraiche e di tutti quegli istituti sociali, scolastici, sanitari, spirituali mantenuti con danaro ebraico per gli Ebrei. In sostanza sono la stessa cosa delle comunità israelitiche d’Italia, di Francia, d’Inghilterra e d’ogni parte del mondo. Tanto poco gli ebrei vogliono rifare i Municipi che hanno appunto provveduto alla riorganizzazione di queste loro Comunità ebraiche.

4° Comunque, come potrebbero gli ebrei rappresentare la parte principale nell’organizzazione amministrativa del paese se essi non partecipano neppure all’Advisory Council e se questo è sempre di parere inglese?

5° La creazione d’una sede nazionale ebraica non è stata favorita da «vecchi impegni finanziari» verso la «consorteria ebraica americana». Vero è che ebrei e non ebrei, hanno qualche ideale e non vendono oro né si lasciano comprare dall’oro, i quali hanno sostenuto e sostengono molti sacrifizi per essa.

 6° L’immigrazione ebraica non è stata sospesa, ma limitata alle possibilità di assorbimento economico del paese. Ogni mese alcune centinaia di pionieri sbarcano in Palestina.

7° Non è vero che la gendarmeria sia stata sostituita dai poliziotti inglesi. Nell’ultima seduta dell’Advisory Council si sono fatte soltanto alcune riforme disciplinari alla Gendarmerie Ordinance del 1921. In occasione del trasporto in Palestina di 700 gendarmi inglesi, che debbono completare le locali forze di sicurezza, intese a mantenere l’ordine e a difendere la proprietà. Sono una forza semi-militare in sostituzione di alcune truppe di guarnigione. La vecchia gendarmeria rimane al suo posto. Cade quindi... l’Ipotesi del Cipolla, che l’invio dei poliziotti inglesi abbia per scopo di sostituire gli elementi ebraici e di frenare l’intolleranza sionista. Tanto è vero che chi si è opposto in principio alla venuta dei poliziotti inglesi è stato il rappresentante degli arabi nell’Advisory Council, il quale ha finito però col persuadersi della necessità di integrare la gendarmeria locale, ancora inadeguata al mantenimento dell’ordine.

8° I gravi fatti del maggio 1921 non furono provocati dagli ebrei, ma dagli arabi. Le inchieste e i processi lo hanno già dimostrato.

 9° Il mandato, quando sia applicalo con quello spirito da cui è informato, darà ad ogni popolazione, ad ogni razza, ad ogni fede religiosa i suoi diritti e le sue libertà. Tutte le accuse di invasione ebraica, di mancato rispetto ai diritti delle genti palestinesi sono prive di fondamento. Gli inglesi sono cristiani, ed è strano che vengano accusati di noncuranza della loro fede e di parzialità ebraica contro agli interessi e alla libertà della loro religione. Contro questa fantasia ha protestato questi giorni lord Balfour alla Società delle Nazioni e Mr. Wood, sottosegretario alle Colonie, dinanzi al Parlamento inglese.

Nessun ebreo ha mai negato o menomato l’importanza degli interessi ideali ed economici dell’Italia in Palestina. Ma gli italiani non debbono neppur negare l’altissimo valore ideale e storico che la Palestina ha per gli ebrei, né offendere quanto essi hanno di stato [?] vittima. Così facendo si sostiene [?] accusare il popolo ebreo di intolleranza e di pregiudizi, di finalità che sono agli antipodi con quelle dei popoli cristiani, mentre la storia di questi due millenni dimostra di quale dura e feroce oppressione esso sia stato vittima. Così facendo si sostiene l’oscura avidità dei latifondisti arabi e le cattive arti di chi ama il deserto palestinese e l’ignoranza palestinese, che ebrei non vogliono. Non vogliono perché dietro gli ebrei che sono accorsi alla loro patria antica, stanno tutti gli ebrei del Mediterraneo.

Dante Lattes


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