dicembre 17, 2017

La questione sionista ed il Vicino Oriente – Documentazione tratta da “Oriente Moderno”: Cronache dell’anno 1921. La situazione al 1° Settembre 1921.

A. I, Nr. 4, p. 212-49. 15 Sett. 1921.
Oriente Moderno. Rivista mensile

Anno I, Nr. 4, 15 Settembre 1921

1. La situazione in Palestina al 1° settembre 1921. – La situazione della Palestina è sempre oscura, a causa del movimento antisionista. Il 1° settembre si inizia a Carlsbad il congresso sionista internazionale, cui si annette grande importanza. In agosto la Congregazione della propaganda e quella degli affari ecclesiastici straordinari si sono riuniti per esaminare il problema dei Luoghi Santi ed in particolar modo del Cenacolo di Gerusalemme. Secondo notizie diffuse negli ambienti cattolici, su relazione dei Cardinali Vico e Scapinelli si sarebbe deciso di appoggiare con ogni energia le rivendicazioni dei Latini contro gli Ortodossi e gli Ebrei. Il Patriarca di Gerusalemme mons. Barlassina ha fondato l’«Opera per la preservazione della fede in Palestina, innestandola nell’ordine del Santo Sepolcro e allo scopo di combattere le infiltrazioni non cattoliche in Palestina.
Essa si propone :
  1. di restaurare e migliorare le scuole cattoliche per evitare una funesta concorrenza di non cattolici;
  2. di diffondere periodici e pubblicazioni di propaganda cattolica;
  3. di fondare sale per conferenze, riunioni e divertimenti.
Il Sommo Pontefice ha incoraggiato l’opera con una lettera del cardinale Gasparri a mons. Barlassina.

2. «Occorre constatare il fallimento del sionismo». –  La politica dell’Inghilterra e della Francia nei paesi di maggioranza musulmana. - Il Dr. George Samné, il noto autore dell’importante volume La Syrie recentemente pubblicato, espone nella Correspondance d’Orient la sua opinione sul complicato problema orientale, in un articolo che egli intitola L’Orient terre d’Islam. (…)

OCCORRE CONSTATARE IL FALLIMENTO DEL SIONISMO

Churchill, in un suo recente discorso alla Camera dei Comuni (Oriente Moderno, fasc. 2°, pag. 84) ha citato tre cifre sufficienti a dimostrare la vanità dell’impresa sionista: «Vi sono in Palestina 500.000 musulmani, 65.000 cristiani e 65.000 ebrei). A questi ultimi, che rappresentano meno di un decimo della popolazione, l’Inghilterra pretende di dare il potere! È naturale che l’elemento più numeroso insorga contro una tale pretensione. Cristiani e Musulmani si sono uniti ufficialmente contro Inglesi e Sionisti. Gli Avvenimenti di Giaffa bastano a mostrare lo stato in cui si trova il paese, ove l’agitazione è aumentata dalla speciale qualità degli immigranti. Costoro, venuti dalle regioni più inquiete dell’Europa Oriente e del Levante, imbevuti di idee bolsceviche, costituiscono un elemento assai pericoloso per la tranquillità della Palestina. Perfino un proclama degli Ebrei di Costantinopoli rinnega questi correligionari. Che cosa è in realtà il Sionismo? Una mascherata impresa coloniale britannica. Solo il rispetto alla maggioranza potrà formare in Palestina una situazione stabile e normale.
3. «Confini assurdi». – Il prof. Alois Musil dell’Università di Praga, che dimorò a lungo fra i Beduini dell’Arabia Petrea e pubblicò su quest’ultima regione una splendida opera Arabal Petraea, (Wien 1907-08, 3 voll.), stampa nella Prager Presse del 4 settembre un articolo (sugli assurdi confini (Widersinnige Grenze) stabiliti nel trattato di Sèvres senza tener conto delle condizioni locali…
«…La Transgiordania, almeno le antiche regioni Ammon e Moab, appartiene alla Palestina; Gerusalemme si provvede di viveri da queste fertili terre. Nondimeno esse ora sono separate dalla Palestina, e il fiume Giordano costituisce il confine. Ad ovest del Giordano comandano gl’Inglesi, sostenuti dai Sionisti; ad est del fiume spadroneggia l’Emiro Abdullah. La Palestina non aveva mai veduto ancora limiti cosi assurdi. Anche i Romani avevano diviso la Palestina dalla “Provincia Arabia”, ma tanto in Palestina quanto in Arabia era la sovranità romana. Oggi i fedeli dell’Emiro Abdullah intraprendono scorrerie contro la Palestina propriamente detta, turbano e saccheggiano le colonie ebraiche e poi scompaiono con il bottino nella Transgiordania araba indipendente.
L’Emiro Mahmud al-Faur, già grande partigiano dell’espulso Re Faisal [ora Re della Mesopotamia] ed attualmente devoto amico del generale Gouraud, protesta contro il confine da tiralinee fra la Palestina e la Siria a nord del lago di Genezaret. La sua tribù suole accampare d’autunno e d’inverno nei campi del Giordano, di primavera e d’estate sull’altopiano al-Giaulan. Tuttavia i diplomatici hanno assegnato i campi del Giordano alla Palestina, il territorio al-Giaulan alla Siria. L’Emiro Mahmud domanda che anche i campi del Giordano vengano alla Siria, perché egli non riconoscerà mai la sovranità dei Sionisti, ed è disposto a difendere, con tutta la sua tribù, il suo territorio contro i Sionisti fino all’ultima goccia di sangue. Le sue genti attaccano i pacifici coloni ebraici a nord del lago di Genezaret, mettono in salvo il loro bottino nella Siria francese, ed i coloni, qualora vogliano riavere i bovini e le pecore a loro rubati, devono trattare per ciò con i Governi di Parigi e di Londra mediante i loro rappresentanti all’estero».

4. Il Sionismo e l’opinione pubblica inglese. – Il settimanale inglese Palestine è organo del British Palestine Committee. Il suo programma che mira «a risuscitare le antiche glorie della Nazione ebraica nella libertà di un nuovo “Dominion” inglese in Palestina» (si cfr. Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 93, col. I) spiega il seguente articolo, con cui il periodico esamina le cause del malcontento che si è manifestato nei circoli sionisti specialmente dopo il discorso tenuto a Gerusalemme da Sir Herbert Samuel il 3 giugno scorso (Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 90 sgg.) e cerca dimostrarne la infondatezza, pur non mancando di biasimare la politica inglese in qualche punto di secondaria importanza.
I Sionisti, dice Palestine, temono in primo luogo che il Governo inglese non mantenga intiera fede ai suoi impegni; in secondo luogo che un cambiamento di Governo possa portare un radicale cambiamento nella politica inglese, a detrimento della causa sionista. Per il primo punto, afferma Palestine, non vi è alcun timore; per il secondo esso esamina le possibilità, a cui può dar luogo l’ attuale situazione dei partiti in Inghilterra.
Eccettuati i Laburisti, tutti gli altri partiti contengono elementi che non approvano le responsabilità assunte in Palestina dall’Inghilterra. Nella Coalizione vi sono gli oppositori per ragioni economiche, i quali vorrebbero che si abbandonasse la Palestina, e sono contrari all’impegno preso con gli Ebrei, non per anti-semitismo, ma perchè temono che, essendo gli Ebrei in minoranza, il mantenere l’impegno possa aumentare le spese per l’esercizio del Mandato in Palestina. Vi sono altri, come Lord Derby del partito Conservatore, che non approvano il Mandato e la promessa fatta agli Ebrei, perchè credono che essi possano produrre difficoltà nelle relazioni con la Francia. Vi sono infine pochissimi Liberali, contrari agli impegni presi in Palestina, poichè vi vedono i caratteri di una avventura imperialistica.
Ma ognuna di queste opposizioni rappresenta una minoranza nel relativo partito. Gli oppositori della Coalizione sono a loro volta divisi in due campi, né è concepibile che possano formare un Governo; e cosi la parte dei Conservatori che si aggruppa intorno a Lord Derby. E se anche i puri Conservatori potessero vincere l’attuale Coalizione, essi dovrebbero formarne un’altra, che necessariamente conterrebbe alcuni membri della Coalizione attuale, come il gruppo di Lord Cecil favorevolissimo alla causa giudaica, o parti di altri gruppi, che protesterebbero con ogni energia contro qualsiasi ritrattazione delle promesse fatte dall’Inghilterra.
Egualmente la situazione sarebbe sicura se ritornasse al potere il partito laburista, o se i Liberali indipendenti formassero un Governo in collaborazione con i Laburisti o con i Conservatori. Se i Sionisti considerano la forza della loro posizione, anche in caso di un cambiamento di Governo vedranno che a loro conviene sapere attendere, saper trarre profitto dalle buone occasioni (che è il segreto del successo in politica), e seguire, in una parola, una politica opportunista.
Vi sono pero alcuni fatti che giustificano il disagio dell’opinione pubblica ebraica.
Anzitutto il ritardo nella ratifica del Mandato, da parte della Lega delle Nazioni. Esso pero è dovuto principalmente al desiderio di convincere gli Stati Uniti che il Mandato non rappresenta una mascherata annessione imperialistica, ma una solenne garanzia per scopi già approvati dalla Lega delle Nazioni. Il ritardo è veramente increscioso, poichè lo sviluppo della Palestina è strettamente connesso con l’affluenza del capitale ebraico, che non potrà avvenire prima che il Mandato entri in vigore. Ma gli Ebrei hanno atteso quasi duemila anni e possono attendere ancora.
Altra causa di disagio è l’interpretazione che alcuni hanno dato al discorso di Sir Herbert Samuel. Ma il fatto che Samuel è un così convinto Sionista dovrebbe indurre a una migliore interpretazione delle sue parole, come fu data in Palestine (Oriente Moderno, fasc. 2°, p. 93, col. 1. Qui cap. ).
Il vero pericolo è costituito dalla opinione, che ha guadagnato molto terreno, che, cioè, fra i funzionari del Governo di Palestina ve ne siano alcuni, che non hanno alcuna simpatia per la politica favorevole al Sionismo. Samuel, anche con le migliori intenzioni possibili, deve valersi di questi funzionari, e se vi è realmente, in alcuni di essi, tale sentimento antisionista, possono da ciò derivare gravi inconvenienti. D’altra parte non occorre dimenticare che tanto gli Ebrei, quanto il Governo inglese hanno tutto l’interesse perchè la questione Araba sia risolta nel modo più regolare e pacifico; se vi fossero gravi disordini e conflitti non mancherebbe in Inghilterra una violenta reazione contro l’azione del Governo, che sarebbe certamente definita uno «strozzamento» della Palestina.
Certo il Governo è stato debole, specialmente in occasione della temporanea sospensione dell’immigrazione, dopo i disordini di Giaffa; e una politica più ferma e meno equivoca verso gli Arabi, sarebbe stata assai più opportuna.
Infine il Governo inglese commette un gravissimo errore, adoperando criteri estremamente rigorosi nella censura della stampa. (Palestine 9-6-21). - M. G.

5. L’allocuzione papale e il Patriarca cattolico di Gerusalemme. - II Patriarca di Gerusalemme Mons. Barlassina ha pubblicato in occasione della festa del Papa una lettera pastorale, il cui argomento è il dovere di obbedienza e di affetto che i fedeli hanno verso il Capo della Chiesa, ma il cui scopo fu di render pubblica l’allocuzione del Papa nel Concistoro del 13 giugno, a proposito delle attuali condizioni della Palestina. Prima della lettera pastorale, la pubblicazione integrale della parola pontificia era stata proibita, mentre si permetteva agli organi sionisti di pubblicarne dei sunti alterati e di travisarne la portata e il significato. Perciò il Patriarca ha inserito integralmente nella sua Pastorale la protesta fatta da Benedetto XV nell’allocuzione Concistoriale e l’ha fatta seguire da queste parole:

«Mentre tutte le persone oneste, scevre da passioni politiche o da interessi privati, riconoscono la paterna bontà del Papa verso questa povera popolazione della Palestina, bontà premurosa dei suoi orfani, dei suoi poveri, non meno che dei suoi sacri diritti, alcuni insensati si son permessi, di qualificare l’opera sapiente del Romano Pontefice in modo ignominioso e indegno. Noi, da figli devoti del Vicario di Gesù Cristo, non mancheremo di protestare energicamente là dove la nostra voce è sentita, fidenti che la Nazione lnglese, colle sue tradizioni di liberalità e di giustizia, non permetterà che gli interessi religiosi e civili di un intero popolo siano manomessi dagli intrighi di pochi. E tanto più è acuto il nostro dolore, inquantochè troppo chiara è la differenza di trattamento fatta in danno dei Cattolici. Con criteri arbitrari e inqualificabili la censura esercitò le sue pressioni interdicendoci la pubblicazione della parola pura e genuina del Papa, presentata senza alcun commento, nonché la stampa di notizie sullo stesso soggetto, le quali per altro erano già state letteralmente pubblicate dai giornali locali; mentre poi si autorizzavano organi sionisti a lanciare al pubblico contro il Pontefice frasi ingiuriose, atte a sminuirne l’autorità, e grossolanamente calunniose. Denunziando tali fatti penosi, Noi non esageriamo nè cadiamo in errore, perché ne possediamo i documenti autentici.

«Ora, se pubblico fu l’insulto, pubblico il male, pubblica anche sia la nostra protesta. E voi, o cattolici, la farete, ma in quel modo che è degno della sublimità della Fede che professate; voi protesterete rafforzando ognor più il vostro amor figliale, verso il Papa, protesterete con una obbedienza assoluta alla Sua veneranda autorità, protesterete pregando più fervidamente che mai per la Sua Augusta Persona».

Secondo il Corriere d’Italia di Roma, del 10 agosto, i fatti ai quali allude il Patriarca sono i seguenti:

Nei periodici cattolici è stato proibito persino il titolo: «Il Papa e la Palestina», mentre questo è stato permesso sul giornale ebraico Ha-ares, («La Terra») di Gerusalemme nel numero del 20 giugno. E a quel titolo seguiva un articolo nel quale il significato della parola del Papa era radicalmente svisato. Lo stesso giornale, una settimana dopo, smentiva le parole del Papa sullo stato morale attuale della Palestina. Un altro giornale ebraico, il Pinhas di Giaffa, il 30 giugno scriveva: «La parola giustizia è diventata oggi di uso continuo nella bocca dei Papi che se ne servono per nascondere la vergogna delle loro azioni e in modo capace di ingannare i popoli… I santi del Signore predicano nelle chiese criticando un movimento nazionale, invitando all’uccisione e al saccheggio e complottando col diavolo e col Papa».

Monsignor Barlassina dichiara formalmente che neanche un solo prete cattolico si è permesso di predicare la violenza né in chiesa nè altrove. È da notarsi, aggiunge il Corriere d’Italia, che l’articolo del Pinhas è stato pubblicato mentre a Giaffa impera tutta la legge marziale, quindi con la piena consapevolezza e connivenza delle autorità inglesi.

6. La Delegazione arabo-palestinese e l’antisionismo degli Arabi. - Sono stati intervistati alcuni membri della Delegazione arabo-palestinese a Londra. Di questa Delegazione, quattro membri sono musulmani e due cristiani (1): essa è stata eletta dal Congresso arabo palestinese rappresentante i distretti di Samaria, Galilea, Giudea e Fenicia, allo scopo di recarsi in Inghilterra a protestare contro la restituzione della Terra Santa agli Israeliti. Di passaggio per Roma, diretta in Inghilterra, la Delegazione è stata ricevuta dal Papa, al quale ha presentato i suoi ringraziamenti per le dichiarazioni fatte a proposito della Palestina. La Delegazione è presieduta da Musa Kazim pascià el-Huseini, capo di una nobile famiglia di Gerusalemme; ne fa parte anche el-hagg Taufiq Hammad, ex membro del Parlamento turco di Costantinopoli.

«Noi amiamo l’Inghilterra», ha detto uno dei membri della delegazione.
« Siamo stati suoi alleati durante la guerra. Il nostro scopo, venendo qui, è quello di stabilire la nostra posizione contro il movimento sionista. Noi non siamo contro gli Ebrei. L’intera popolazione della Palestina è di circa 700.000 abitanti. II 7 per cento è formato da Ebrei; tutti gli altri parlano arabo e ad essi appartiene il paese. Parecchi degli Ebrei sono nati nel nostro paese, hanno vissuto con noi prima della guerra e sono dalla parte nostra. Sono gli Ebrei Sefardim (2).
« Il movimento sionista si fa sempre più intenso. Parecchi Sionisti sono emigrati in Palestina recando con loro lo spirito dei bolscevichi. Moltissimi fra questi vengono dalla Polonia e dalla Russia e parlano tedesco. Essi sono ostili agli ideali inglesi. Più d’ogni altra lingua è il tedesco che ora viene parlato in Palestina».
« La maggior parte degli abitantiti del nostro paese desidera che la nostra terra venga lasciata a noi stessi».
«Noi desideriamo che il nostro popolo, che i contadini lavorino sulla loro terra e non già che vengano cacciati via dagli Ebrei. Non è stata promessa alle piccole nazioni l’indipendenza dopo la guerra? Non v’è giustizia al mondo, fuori che con l’Inghilterra». Il delegato arabo ha soggiunto che, per quanto ciò possa sembrare strano, la popolazione israelita non rappresenta se non il due per cento della ricchezza totale della Palestina. (Manchster Guardian, 9-8-1921). - U. T.

Il Manchster Guardian del 10 agosto riferisce che Churchill ha acconsentito a ricevere la Delegazione arabo-palestinese. Ritornando sull’argomento ed esponendo i desiderata degli Arabi della Palestina, un membro della Delegazione ha detto che con la loro domanda di Governo nazionale essi chieggono la costituzione di un Governo nominato da un Parlamento eletto da tutti gli abitanti del paese. Essi hanno bisogno di una Costituzione di tipo occidentale; di leggi votate dal Parlamento e non già di decreti promulgati da un segretario legale. In questo Parlamento gli Ebrei avranno tanti rappresentanti quanti ne sono giustificati dal loro numero; tanti, per esempio, quanti i Cristiani, che sono nativi del paese. Nessuno sa come il Governo intenda di armonizzare le due promesse contenute nella dichiarazione di Balfour: fondare una sede nazionale per gli lsraeliti e, nello stesso tempo, rispettare e dare soddisfazione come si deve ai diritti degli abitanti indigeni. Finora la dichiarazione è stata interpretata in modo favorevole alle idee sioniste e gli Arabi sono stati lasciati fuori. (Mancester Guardian, 10-8-1921). - U. R.

(1) Cfr. Oriente Moderno, fasc. 3°, p. 153 e 159-160.
(2) Cfr. qui avanti, p. 224, n. 1.

7. a) Arabi e “Sefardim”. – Secondo un telegramma giunto da Gerusalemme, il Gran Rabbino ed altri capi dei «Selardim» (1) in Palestina hanno protestato energicamente contro le voci corse, secondo le quali essi sosterrebbero la Delegazione araba. Essi affermano di essere in perfetta unità di tendenze col resto degli Ebrei della Palestina, richiedendo l’esecuzione delle promesse fatte relativamente alla fondazione della sede nazionale israelita in Palestina. (Times, 13-8-1921). U. F.
b) Gli Arabi e il Sionismo. - Yusuf al-Khtib pubblica un appello agli Arabi palestinesi, sotto il titolo : «Non vi è timore né pericolo da parte dei Sionisti, se si forma in tutte le regioni della Palestina un’unità naturale economica». Egli dice che è inutile fare appello alle altre nazioni, è inutile l’opera di propaganda, una volta che l’Inghilterra, per bocca di Sir H. Samuel, ha dichiarato che non è possibile ritirare la promessa fatta ai Sionisti; occorre in questa condi zione apprestare le armi per la difesa nel campo della concorrenza economica. I Sionisti si apprestano a occupare la Palestina; ma essa è in mano degli Arabi; e che timore allora, e che bisogno di aiuto dall’Estero? Occorre liberarsi da ogni vano sogno o timore, e apprestare contro i Sionisti la forza dell’unione, la forza economica, la forza della scienza, strumenti con i quali essi stessi combattono gli Arabi.
Ognuno veda quale è la sua parte di compito in questa impresa; il pericolo non è costituito dal Sionismo, ma dalla divisione, dalla cupidigia, dagli odi, dall’egoismo, dall’ignoranza, dall’attendere gli aiuti dal di fuori. Se tutti si porranno all’ opem con buona volontà e concordia, la Palestina resterà araba. (al-Karmel, 30-7- 1921). - M. G.

(1) Israeliti d’origine spagnola o portoghese, ma stabiliti in Palestina da quattro secoli. Cfr. qui sopra, p. 223, col. I.

8. a) Torbida situazione in Palestina. - Alcuni viaggiatori degni di fede, che ritornano dalla Palestina, recano notizie assai poco soddisfacenti sulla situazione del Paese. La sicurezza pubblica, specialmente nella regione settentrionale è, in pratica, nulla. Si verificano quasi giornalmente incursioni dalla Transgiordania, ove sembra che l’Emiro Abdullah non abbia forza sufficiente per mantener l’ordine; e vi sono stati parecchi casi di brigantaggio sulle strade di comunicazione. Nessuno dei colpevoli è stato punito o arrestato, poiché, a causa delle deficienze di organizzazione e di istruzione, le truppe arrivano invariabilmente troppo tardi. Coloro che forniscono queste notizie affermano che il Governo ha perduto parte del suo prestigio a causa della sua politica e della sua debolezza, e che nè gli Israeliti nè gli Arabi hanno alcuna fiducia nelle autorità. L’ostilità contro gli Israeliti cresce di giorno in giorno e v’è ogni ragione di credere che si ripercueteranno più gravi gli incidenti e le turbolenze fra Arabi ed Israeliti, se la Delegazione Araba di Musa Kazim Pascià al-Huseini ritornerà a mani vuote e se il Governo prenderà qualche misura punitiva contro gli Arabi che hanno recato molestia alle colonie israelite. Gli abitanti più vecchi dicono che la sicurezza pubblica era mantenuta di gran lunga meglio sotto i Turchi. È vero che il Governo della Palestina ha finalmente deciso di adottare la politica dei suoi predecessori e di costituire un corpo di gendarmeria; ma ciò è troppo poco, assolutamente. Le autorità erano preparate a spendere una somma considerevole per quello che si sarebbe dovuto chiamare corpo di difesa, ma ora che questo progetto è stato destituito di valore, esse non voglion concedere se non una somma insignificante per la gendarmeria, la quale, come da tutti viene riconosciuto, potrebbe costituire l’unica soluzione del problema della sicurezza pubblica. Coloro che forniscono queste informazioni ritengono che il Paese non avrà pace, finchè tutta la polizia non venga sottoposta a revisione ed a riorganizzazione, sinchè la popolazione araba non abbia qualche prova di fatto che è errata l’opinione popolare che vuole il Governo inglese venduto ai Sionisti, e sinché il paese non abbia un Governo basato sulla volontà del popolo e sul principio della rappresentanzaa proporzionale. (Times, 10-8-1921). - U. F.
b) Nuovo corpo di gendarmeria in Palestina. - Il Commissario supremo per la Palestina ha dato il suo consenso alla formazione di un corpo di gendarmeria per la Palestina, allo scopo di difendere le frontiere contro l’invasione di bande di briganti e di aiutare la polizia civile nel mantenimento dell’ordine interno. Detto corpo avrà istruzioni, carattere e attribuzioni di polizia militare, e dopo sei mesi di istruzione verrà costituito in gruppi di 50 cavalieri o di 100 fanti accampati in vari punti della Palestina. Non si accetteranno se non persone di ottimo carattere e riputazione. Questo corpo, che consterà di 500 uomini (300 cavalieri e 200 fanti), verrà formato da Arabi, Israeliti e Crisiani. (Manchester Guardian, 11-8-1921). - U. F.

9. La nuova costituzione palestinese. La rivista Palestine dà, con molte riserve, notizia della Costituzione che si viene elaborando per la Palestina. Il nuovo Governo sarà sul tipo delle Colonie della Corona (come Hong Kong ed alcune isole delle Indie Occidentali); avrà cioè un Consiglio Esecutivo composto interamente di funzionari inglesi, assistito da un Consiglio legislativo o consultivo, con membri in parte eletti e in parte nominati. Il Consiglio Legislativo palestinese ne avrà probabilmente 30, di cui la metà, o, secondo l’uso delle Colonie della Corona, 16, saranno funzionari o nominati dal Governo, per garantire una maggioranza ufficiale; le leggi approvate da questo Consiglio non saranno valide che dopo l’approvazione del Consiglio Esecutivo. Si dice che alcune materie, p. es. quelle relative alla dichiarazione Balfour, saranno riservatte alla Camera Legislativa. (Palestine, 30-8-1921). - V. d. B.

10. Situazione nella Transgiordania (1). – In occasione di una corrispondenza dalla Transgiordania pubblicata nel Karmel, e che destò molta impressione, la redazione stessa del giornale ha interrogato Kamil al-Qasab, che è molto addentro nelle cose della Transgiordania, e gode la piena fiducia dell’emiro Abdullah (Oriente Moderno, fasc. 1°, p. 19, 29), circa il contenuto della corrispondenza. Kamil al-Qasab ha negato l’esistenza di partiti che si combattano a vicenda nella Transgiordania. È vero che Sayyid ’Ali Khalqi ha voluto creare nel paese un sentimento di nazionalità per indurre gli abitanti a respingere ogni cosa che venisse dal di fuori. Così agli ufficiali giunti per assumere servizio colà, disse, fingendo un incarico da parte dell’Emiro, che essi potevano andarsene e che il paese non aveva bisogno di loro. Appena l’Emiro seppe ciò, si affrettò a smentire le parole di ’Ali Khalqi. Kamil al-Qasab ha anche, fra l’altro, dato un giudizio degli uomini che ora sono alla direzione del Governo; e ha rilevato che fra le ottime persone che lo compongono, vi sono anche individui da cui l’Emiro deve guardarsi, perchè con la loro azione potrebbero compromettere gli interessi della Transgiordania. (al-Karmel, 30-7-1921). M. G. In Transgiordania, secondo la Syrie, le cose vanno male. I partiti sono troppo numerosi, le amministrazioni disorganizzate. L’Emiro Abdullah, che avrebbe il torto di circondarsi dei cattivi consiglieri già responsabili della caduta di Faisal, ha contratto in Palestina varii prestiti, che vengono impiegati in modo irregolare; tanto che gli abitanti di es-Salt hanno declinato ogni responsabilità in proposito, e molti benpensanti, fra cui la maggioranza dei capi tribù, stanno formando un partito che porterà il nome di «gioventù del Giordano», per combattere l’attuale politica dell’Emiro. Si ha da Gerusalemme che quest’ultimo avrebbe chiesto all’Alto Commissario Samuel la cessazione delle sue funzioni in Transgiordania, essendo passati i sei mesi per i quali si era impegnato. Samuel rifiutò, e l’Emiro consentì a rimanere ad alcune condizioni, fra cui un aumento del suo bilancio e dei suoi armati. Samuel studia la questione, ed il viaggio del col. Lawrence a Gedda per conferire col Re Husein ha forse qualche rapporto con questi fatti. (La Syrie, francese di Beirut, 11-8-1921). - V. d. B.

(1) Cfr. qui sopra, p. 217, col. II e p. 220, col. II.

11. L’istruzione e la stampa in Palestina. – Prima della guerra tutta la Palestina, e specialmente Gerusalemme, erano famose per la cultura. Oggi nazionalismo, movimento politico e vita culturale sono una cosa sola; i Palestinesi comprendono come lo studio della lingua sia intimamente legato alla riscossa nazionale. Le scuole palestinesi, siano o no governative, indigene (ahliyya) o straniere, sono migliori di quelle siriane. Nelle scuole governative, più numerose delle nazionaliste, si studiano scienze naturali, geografia, storia, matematica, ingegneria, disegno, eloquenza e filodrammatica. Tanto nelle scuole governative che in quelle indigene (ahliyya) si studia inglese, francese e arabo; a Gerusalemme esiste un solo collegio nazionalista, il Rawd al-Ma‘-Ma’arif («giardino delle cognizioni») che occupa un posto importante, specialmente per l’eloquenza, la recitazione e la ginnastica; gli alunni hanno compiuto diversi viaggi d’istruzione nelle città principali della Palestina, rappresentandovi commedie; a Caiffa raccolsero cosi 300 L. E. (= 7.776 frcs.] per la scuola. Fra le scuole governative la migliore è la Rashdiyya, paragonabile per la bontà degli insegnanti al Rawd al-Ma‘arif, che comprende sei classi e prepara alle scuole superiori. La stampa araba palestinese conta sette giornali, nessuno dei quali quotidiano: al-Karmel di Caiffa, diretto da as-Sayyid Nagib Nassar; Filastin («Palestina») di Giaffa, diretto da ’Isà effendi al-‘Isi, ed al-Akhbar («Le notizie») pure di Giaffa, che però è intermittente. A Gerusalemme si pubblicano Bay al-Maqdis («Gerusalemme») e e Mir’al as-sarq («Specchio dell’oriente»); uscirà presto il Lian al-‘Arab «(«La lingua araba»). A Gerusalemme vi sono molti giornali israelitici, di cui due in lingua araba: il Barid al-yawn («Il corriere del giorno») e as-Salam («La salute spirituale»). Quelli in lingua ebraica sono più di quattro, qualcuno dei quali è quotidiano. Quanto alla libertà di opinioni, essa è un fatto: i giornali nazionalisti non escono una volta senza attacchi violenti contro il Governo inglese; dopo i fatti di Giaffa però è stata ristabilita la censura sulla stampa, che è severissima, e probabilmente verrà mantenuta finchè dura la situazione attuale. (Nagib ar-Rayyis, in Suriyyah al-gadidah, 27-6-1921). - V. d. B.

Top.

Nessun commento: