dicembre 22, 2012

La questione sionista e il Vicino Oriente. – Documentazione tratta da “l’Unità”: Cronache dell’anno 1948.

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L’archivio storico dell’Unità è composto dalle scansioni delle copie cartacee originali stampate dal 1924 al 2008. Le edizioni pubblicate dal 2008 in poi, già in formato digitale, sono pure gratuitamente e integralmente disponibili, a titolo gratuito la settimana successiva alla data di pubblicazione. È l’archivio completo di tutte le pagine del giornale, dalla fondazione al 2008, integralmente e gratuitamente a disposizione di tutti. Un'impresa di straordinario contenuto tecnologico che permette di accedere ai fatti di oltre 80 anni di storia attraverso ricerche per parole, date, classificazioni, suggerimenti. L’archivio storico comprende il periodo che va dalla data di fondazione del 12 febbraio 1924 fino al 2008; si tratta di oltre 500 mila pagine di giornale provenienti dalle scansioni delle copie cartacee originali e fruibili tramite il motore di ricerca. Siffatti articoli sono integrati nella nostra ricerca sulla «Questione sionista e il Vicino Oriente». Costituiscono una fonte preziosa per lo studio del rapporto fra il sionismo e la sinistra italiana nonché per il rapporti fra antifascismo e sionismo.

LA QUESTIONE SIONISTA
E IL VICINO ORIENTE

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del quotidiano “l’Unità”


 1948
1947 ↔ 1949
Anno di inizio spoglio: 1967
L’Unità: 1924 - 1925 - 1926 - 1927 - 1928 - 1929 - 1930 - 1931 - 1932 - 1933 - 1934 - 1935 - 1936 - 1937 - 1938 - 1939 - 1940 - 1941 - 1942 - 1943 - 1944 - 1945 - 1946 - 1947 - 1948 - 1949 - 1950 - 1951 - 1952 - 1953 - 1954 - 1955 - 1956 - 1957 - 1958 - 1959 - 1960 - 1961 - 1962 - 1963 - 1964 - 1965 - 1966 - 1967 - 1968 - 1969 - 1970 - 1971 - 1972 - 1973 - 1974 - 1975 - 1976 - 1977 - 1978 - 1979 - 1980 - 1981 - 1982 - 1983 - 1984 - 1985 - 1986 - 1987 - 1988 - 1989 - 1990 - 1991 - 1992 - 1993 - 1994 - 1995 - 1996 - 1997 - 1998 - 1999 - 2000 - 2001 - 2002 - 2003 - 2004 - 2005 - 2006 - 2007 - 2008 - 2009 - 2010 -2011 - 2012 - 2013.

Sommario: Anno 1948 de “l’Unità” → 1. Sangue in Palestina: Bevin e Truman responsabili degli eccidi. – 2. 51 morti estratti finora dalle macerie di Gerusalemme. – 3. Tragedia della Palestina. – 4. Gli arabi organizzano l’invasione della Palestina. – 5. I banchieri del petrolio dirigono la politica americana in Palestina. –  6. Il col. inglese Glubb dirige gli arabi invasori. – 7. Sotto accusa la Gran Bretagna. – 8. Alla mezzanotte di oggi l’Egitto invaderà la Palestina. – 9. Pioggia di bombe su Gerusalemme. – 10. 4375 chiama Al Maza. – 11. La responsabilità degli inglesi. – 12. Gli Stati Uniti vogliono il Medio Oriente. – 13. Per il riconoscimento dello Stato ebraico. – 14. La mozione per la pace in Palestina respinta dai satelliti degli anglo-americani. –
Indice Analitico: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z. –  Eventi del 1948. – Altre fonti giornalistiche, periodiche o archivistiche del 1948.


Cap. 1

  Top 24.2.1948 ↓  c. 2 →  plus

Sangue in Palestina: 
Bevin e Truman responsabili degli eccidi.
l’Unità,
24 febbraio 1948
Martedì, p. 1 e 4
NEW YORK, [?] febbraio. — Gli Stati Uniti avrebbero il potere di far cessare l’ondata di morte che si è rovesciata sulla Terra Santa. Giorno per giorno, quando leggo le notizie di spargimenti di sangue in Palestina, ripenso alla mia visita laggiù meno di tre mesi fa. Io ho visto i magnifici sforzi dei colonizzatori ebrei per costruire le loro fiorenti comunità che costituirebbero un modello per l’intero Medio Oriente. Io ho visto nei  villaggi la prova che arabi ed ebrei possono vivere assieme in pieno accordo, sempre che l’odio e la discordia non vengano incitati dal di fuori. Io ho visto la ricchezza potenziale di questa antica terra, come essa mi è stata drammaticamente presentata dagli ebrei col loro lavoro quotidiano. E mi era nata la speranza che la nazione di Giudea, con l’aiuto dei fondi della Banca Mondiale si sarebbe associata alla vicina Transgiordania per lavorare allo sviluppo della valle del Giordano, per il duraturo vantaggio sia degli arabi che degli ebrei.

Quando, il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite decise che l’unico modo pratico ed equo per por fine alle continue lotte in Palestina era quello di dividerla nei due Stati, Arabo ed Ebraico, quelli di noi che hanno qualche fiducia nella praticità delle organizzazioni internazionali tirarono un sospiro di sollievo.

Guerra non dichiarata.

Ma da quel 29 novembre 1947 il governo britannico – senza incontrare la minima opposizione da parte americana — ha fatto tutto quanto era in suo potere per ostacolare la realizzazione del piano di spartizione della Palestina.

Esso ha combattuto una guerra non dichiarata ma effettiva contro gli ebrei, col confiscare le loro armi mentre essi erano esposti agli attacchi arabi. Ha permesso che truppe arabe, comandate dall’ex Mufti di Gerusalemme dal suo «esilio» in Egitto, assediassero la Città Vecchia di Gerusalemme, che istituissero blocchi sulle strade della Palestina e che assalissero i convoglio di rifornimenti degli ebrei.

Il governo britannico ha dichiarato bruscamente alle Nazioni Unite di entrare in Palestina prima del 1° maggio — e cioè due settimane prima dello scadere del mandato britannico e della cessione dei poteri civili.  Esso ha dichiarato alle Nazioni Unite che non avrebbe legalizzate le attuali forze difensive degli ebrei o permesso la formazione di un esercito ebraico, malgrado la Commissione delle Nazioni Unite avesse raccomandato che un tale esercito venisse organizzato.

Quando io lessi il discorso di Bevin sui suoi amici arabi — i signorotti feudali del Medio Oriente – e nella stessa pagina vidi un altro resoconto di spargimenti di sangue, mi ritornò alla mente la gente perseguitata che io avevo vista costruirsi una nuova vita in Palestina e mi sentii rabbrividire all’idea che proprio quest’uomo osasse parlare — come ha fatto così spesso — in nome della «civiltà occidentale».

La Gran Bretagna e gli Stati Arabi stanno combattendo una guerra civile contro le Nazioni Unite. E la vinceranno, a meno che gli Stati Uniti non si decidano a parlare fermamente ed immediatamente, e diano coraggio alle Nazioni Unite.


Interessi feudali

Quando si trattò di fornire armi alla Grecia e alla Turchia, gli Stati Uniti non esitarono ad agire unilateralmente. Naturalmente, invece, quando si era trattato di sostenere con le armi il legittimo governo spagnolo del 1936 gli Stati Uniti si erano rifiutati di agire. Dovrà dunque la storia ricordare che gli Stati Uniti agiscono per sostenere interessi feudali e scontati?

Quasi due anni fa, in occasione della Giornata dell’Esercito del 1946, il Presidente  Truman dichiarò che «nessuna nazione grande o piccola ha nel vicino o nel Medio Oriente interessi che non possano essere conciliati con quelli degli altri Stati attraverso le Nazioni Unite. Le Nazioni Unite hanno il diritto di insistere perché la sovranità e l’integrità dei paesi del Vicino e del Medio Oriente non vengano minacciate mediante coercizioni o penetrazioni».

Nondimeno, Truman ignorò le Nazioni Unite nel caso degli aiuti alla Grecia, e continua tranquillamente ad ignorarle. Le azioni e le  inazioni del governo americano lo rendono, cosi, altrettanto responsabile di quello britannico per il continuato spargimento di sangue in Terra Santa.

Il governo americano sta distruggendo tutte le capacità di stabilire una pace duratura che sono a disposizione delle Nazioni Unite.

Dal momento che hanno portato il voto decisivo per la spartizione della Palestina,  gli Stati Uniti hanno oggi il dovere di far pesare tutta la propria forza in favore di questa decisione. Noi dobbiamo far sapere immediatamente agli inglesi che gli Stati Uniti non daranno loro più un soldo fino a quando essi non avranno adempiuto ai loro doveri nei riguardi della Palestina. Noi dobbiamo insistere perché inglesi smettano di fornire armi agli arabi in tutto il Medio Oriente. Io sarei felice di vedere che le Nazioni Unite agissero per fermare la fornitura di armi a qualsiasi nazione in tutte le parti del mondo; ma sopratutto io condanno un sistema che impedisce di rifornire gli Ebrei, mentre incoraggia i rifornimenti agli Arabi.

Gli Arabi ed i loro campi petroliferi non debbono essere lo scopo di una guerra — fredda o calda che sia — degli anglo-americani contro la Russia. Qualsiasi azione diretta a sabotare la decisione delle Nazioni Unite per uno Stato Ebraico,  per tenersi amici i popoli musulmani con i loro svariati re, emiri ed effendi, è un vero oltraggio.

Io ho letto e sentito una quantità di propaganda — senza alcun dubbio ispirata dagli inglesi — secondo la quale gli ebrei di Palestina sarebbero comunisti; o secondo la quale la maggior parte degli immigranti di questi ultimi tempi sarebbero comunisti. Ho ragioni per essere convinto che questa è un’altra delle solite false  minacce rosse, fabbricate su misura nella speranza di giustificare con essa, l’assassinio. Il tentativo di usare della vernice rossa per coprire il quadro della Palestina d’oggi, è un atto criminale.

La situazione in Palestina è un riflesso di una politica estera — la politica estera degli Stati Uniti — la cui essenza è negativa. Gli elementi di pace esistono in Palestina come esistono in tutto il resto del mondo. Vi sono popoli, grandi masse di popoli, Arabi ed Ebrei, che hanno bisogni comuni, che sono destinati a vivere in buona vicinanza e che possono essere aiutati a costruire una vita nuova, utile e prospera se soltanto noi siamo pronti a pensare su basi positive e ad agire in conseguenza e senza ritardi.
(segue)

Henry Wallace


Cap. 2

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51 morti estratti finora dalle macerie di Gerusalemme
l’Unità,
24 febbraio 1948
Martedì, p. 4

Titoli: Un mostruoso atto di provocazione. 51 morti estratti finora dalle macerie di Gerusalemme. Arabi ed ebrei dichiarano di non conoscere gli autori dell’attentato. Caccia agli inglese. Denuncia dell’Agenzia Ebraica.

GERUSALEMME, 23. Dalle ultime notizie sulla tremenda esplosione che ha distrutto l’Hotel Atlantic e ridotto a un cumulo di macerie un vasto tratto del centro d’affari ebraico di Gerusalemme, risulta che 51 ebrei sono morti e 132 sono rimasti feriti.

Questo spaventoso numero di vittime si è accresciuto durante la giornata in seguito ai conflitti verificatisi tra arabi, ebrei ed inglesi, cosicché il triste bilancio di questa «domenica nera» palestinese si chiude con un totale di 66 morti, tra cui 52 ebrei e 152 feriti.

Circa le responsabilità della mostruosa provocazione, a Gerusalemme si accusano esplicitamente gli
inglesi. Personalità arabe  hanno assicurato all’Agenzia ebraica che gli arabi non sono responsabili dell’attentato.

L’Irgun Zvai Leumi ne incolpa la polizia , e si è data alla caccia dei soldati inglesi nella  zona ammonendo che tutti gli inglesi in uniforme saranno fucilati. Dieci soldati inglesi ed un cappellano sono rimasti uccisi. A sua volta poi l’Haganah, a mezzo della sua agenzia di notizie - Palcor - dichiara che di ora in ora aumentano le prove che fanno risalire la colpa ai membri delle forze di sicurezza britannica.

L’Agenzia Ebraica per la Palestina ha presentato alle Nazioni Unite il suo primo atto ufficiale di accusa contro il governo britannico in Terra Santa attraverso un memoriale di 12.000 parole. Il documento che è stato consegnato al Consiglio di Sicurezza a e alla Commissione per la Palestina addossa l’intera responsabilità dei violenti disordini e del caos che hanno caratterizzato la situazione in Palestina in questi ultimi mesi alla Potenza mandataria. Il memoriale rileva fra l’altro che la violenza aggressiva degli arabi non è diretta contro le Nazioni Unite stesse. Il governo britannico - dice il memoriale – se non condanna, tollera la politica di aggressione araba.

Cap. 3

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Tragedia della Palestina
l’Unità, ed. piemontese
28 febbraio 1948
Sabato, p. 1
di
HENRY WALLACE

* L’articolo è già apparso nell’edizione nazionale del 24 febbraio 1948, ma fino a “ritardi”. Qui il testo prosegue. Si omette la parte già edita.
… Oltre ad usare della propria influenza per arrestare il sabotaggio inglese alle Nazioni Unite, gli Stati Uniti dovrebbero chiedere al Consiglio di Sicurezza di ordinare lo stabilimento di una forza armata difensiva ebraica, responsabile di fronte alla commissione delle Nazioni Unite per il mantenimento dell’ordine nello Stato ebraico fino a quando non sia stata creata una polizia internazionale. Noi dovremmo chiedere al Consiglio di Sicurezza di agire perché venga smessa la fornitura di armi agli Stati della Lega Araba che stanno facendo la guerra alle Nazioni Unite. Noi dovremmo chiedere al Consiglio di Sicurezza di richiedere dal governo britannico obbedienza immediata alla raccomandazione dell’assemblea generale di evacuare un porto della Palestina per permettere lo sbarco degli immigrati ebrei.

Perché gli Stati Uniti avrebbero il potere di far cessare l’ondata di morte che si è rovesciata sulla Terra Santa. Ed hanno il dovere di usarlo.



Cap. 4

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 Gli arabi organizzano l’invasione della Palestina 
l’Unità, ed. piemontese
21 aprile 1948
Mercoledì, p. 4


Bagdad, 20 aprile. – Il governo iraqueno ha deciso oggi di prestare agli arabi di Palestina un aiuto pratico, dopo aver ascoltato la relazione fatta dal generale Ismail Safwat, comandante in capo dell’esercito arabo di liberazione.

Ismail Safwat si è recato all’udienza concessagli dal Gabinetto iraqueno non appena sceso dall’aereo che da Amman, capitale della Transgiordania ove aveva avuto un colloquio con re Abdullah, lo aveva trasportato a Bagdad.

Un portavoce dell’Agenzia ebraica ha dichiarato oggi a Gerusalemme che il servizio informazioni ha notizie che gli arabi stanno predisponendo la invasione della Palestina a mezzo di forze armate regolari il 15 maggio, o immediatamente dopo.

Da Lake Success si apprende che la delegazione americana all”Assemblea generale delle Nazioni Unite ha presentato oggi, a puro titolo indicativo, un progetto di amministrazione fiduciaria della Palestina. La delegazione ha tenuto a sottolineare il fatto che non si tratta di una proposta formale ma semplicemente di una base di discussione.

Cap. 5

  Top 21.4.1948 ↓  c. 2 →  plus

 I banchieri del petrolio dirigono
la politica americana in Palestina

l’Unità, ed. piemontese
21 aprile 1948
Mercoledì, p. 4

Titoli: Loschi affari dietro Truman e Marshall. I banchieri del petrolio dirigono la politica americana in Palestina.

(Dal nostro corrispondente)

Washington, 20 aprile.
Il pubblico statunitense può sapere dai giornali e dalla radio solo ciò che piace al Dipartimento di Stato e, quindi, ai grandi gruppi capitalistici. Le notizie vengono così deformate e sovente non vengono neppure date. Questo è il caso della richiesta presentata qualche giorno fa al Congresso dal rappresentante repubblicano del Connecticut, Miller, perché fosse nominata una commissione per indagare sulla fondatezza o meno delle voci correnti sul conto di Loy Henderson, capo della Divisione per il Medio Oriente del Dipartimento di Stato, il quale è stato accusato di essersi fatto corrompere dalla Arabian-American Oil Company, conosciuta in tutto il mondo come Aramco.

È stato per primo Walter Winchell, noto commentatore della Radio, ad iniziare lo scandalo ricordando alcune dichiarazioni secondo le quali il Vice Presidente dell’Aramco, James Duce, avrebbe versato ingenti somme non solo ai rappresentanti arabi in America ma anche a Loy Henderson. Tutti sanno del resto, in America, che chi ha influito sulla cricca Henderson-Harriman-Forrestal per accantonare il piano di spartizione della Palestina è stato proprio il complesso dell’Aramco, che comprende quattro fra le più forti società petrolifere americane.

Esso infatti, messo in guardia dai capi arabi sulle dannose conseguenze che la realizzazione del piano di spartizione avrebbe potuto avere per le concessioni americane di petrolio nell’Arabia saudita e per la progettata costruzione del nuovo oleodotto con sbocco ad Haifa, si affrettava a presentare un rapporto confidenziale che il suo vice presidente James Duce consegnava nelle mani di Henerson. La cricca dei banchieri ministri entrava allora in funzione, e non senza efficacia.

Mentre Harriman e Forrestal riuscivano a convincere il Senatore repubblicano Vandenbery che gli interessi americani sui petroli americani del Medio Oriente erano più preziosi di qualsiasi deliberazione dell’ONU. Loy Henderson si affannava a dimostrare a Marshall il valore strategico e militare delle concessioni petrolifere dell’Aramco nel Medio Oriente. L’Ammiraglio Leahy, a sua volta, un’altro degli uomini che gravitano intorno al grande complesso petrolifero, metteva in atto tutta la sua influenza alla Casa Bianca, dove nella qualità di consigliere aveva già contribuito alla estromissione di Wallace e di Byrnas, e riusciva a convincere Truman della esattezza dell’argomento caro ad Henderson, e cioè che «la buona volontà di milioni di arabi ha più importanza del destino di poche migliaia di ebrei». Il che, in altre parole, significa che i dividendi del complesso petrolifero valgono il sangue che viene sparso in Palestina.

Da tutto questo è nato lo scandalo: molti si sono chiesti se la partecipazione di Henderson a questi intrighi, fomentati dagli interessi di alcuni banchieri, sia dettata dal suo stesso violento antisemitismo, dal suo odio contro le nazioni democratiche, dalle sue mire imperialistiche e dalla sua ambizione di dirigere la politica estera degli Stati Uniti, o non piuttosto da un congruo pacchetto di azioni regalatogli dall’Aramco. Ma questa curiosità legittima non verrà soddisfatta perché il Congresso non sembra disposto ad indagare sull’attività di Henderson.

Il 24 febbraio il rappresentante di New York al Congresso, Coller aveva chiesto che fosse fatta luce completa sulle attività della Divisione più filofascista del Dipartimento di Stato, quella del Medio Oriente, poiché esse potrebbero essere di natura tale da coinvolgere lo stesso Dipartimento, discreditandolo agli occhi di tutti. Egli aveva accusato tale Divisione di avere sovvertito le decisioni prese dall’ONU per la Palestina e di avere indotto il Dipartimento di Stato a fare di tutto perché le Società petrolifere del Medio Oriente non perdessero le loro fonti del Medio Oriente.

L’anno scorso il senatore Edwin Johnson aveva accusato il Dipartimento di essersi servito durante gli ultimi otto anni delle società petrolifere americane per riuscire ad ottenere sempre più vaste concessioni da sfruttare nel Medio Oriente. Il rappresentante Klein aveva dichiarato a sua volta al Congresso che era estremamente pericoloso lasciare la Divisione per il Medio Oriente nelle mani di Henderson «il cui concetto personale di politica estera, basato sull’imperialismo e sul feudalesimo, non è perfettamente consono alle tradizioni degli Stati Uniti».

Di tutti questi intrighi la stampa americana non ha però mai fatto parola ed essi resteranno nel solo ambito dei resoconti delle sedute del Congresso. Questo perché una sola quindicina è bastata per capovolgere la politica americana in Palestina, e persuadere Truman e Marshall che nulla importava di trasformare la Palestina in un campo di battaglia dove gli arabi armati dagli inglesi avrebbero avuto diritto di vita e di morte sugli ebrei, purché gli interessi americani venissero salvaguardati.

CESARE SALVINI

Cap. 6

  Top 28.4.1948 ↓  c. 2 →  plus

Il col. inglese Glubb dirige gli arabi invasori
l’Unità,
28 aprile 1948
Mercoledì, p. 1

Il col. inglese Glubb dirige gli arabi invasori. Il delegato polacco denunzia all’UNO la responsabilità britannica nella situazione palestinese. Basi aeree americane a Tripoli ed in Arabia. I combattimenti in Terrasanta.

(NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE)

Gerusalemme, 27 aprile. – La situazione in tutta la Palestina permane caotica e confusionaria. Le notizie si ammucchiano, il più delle volte contraddittorie fra di loro ed è difficile, in questa ridda di informazioni, avere una visione chiara dei singoli avvenimenti parziali. Ma non sono questi che oggi contano, dato che anche i combattimenti, veri e propri combattimenti, con impiego di artiglierie e di apparecchi, passano in seconda linea. Ciò che importa è lo svilupparsi graduale della situazione, che sta precipitando dalla guerriglia interna fra arabi ed ebrei ad un conflitto internazionale, che vede tutto il Medio Oriente muoversi contro gli ebrei palestinesi. Dietro alle nazioni arabe, dietro alle loro divisioni ed alle loro squadriglie aeree, dietro alle mire espansionistiche del re Abdullah sta l’imperialismo britannico. Il quale vuole difendere le sue posizioni e per questo si appoggia all’aiuto degli Stati Uniti.

Oramai gli inglesi hanno preso chiaramente posizione contro gli ebrei; oggi il commissario distrettuale britannico di Giaffa, Fuller, ha avvertito gli ebrei che se oggi continueranno ad attaccare la città araba, le truppe inglesi opporranno resistenza. Resistenza essi però non oppongono all’avanzata delle truppe della Legione araba, che hanno occupata Gerico dopo la dichiarazione di guerra al sionismo e che mirano ad impadronirsi di Gerusalemme, anche se i britannici si fanno premura di smentire queste notizie e di affermare che a Gerico si trovano solo alcune pattuglie arabe.

Mentre un contingente di truppe iraquene, forte di 8.000 uomini è partito per la Transgiordania, il ministro della difesa egiziano, Mohammed Pascià, ha accordato il permesso agli ufficiali ed ai soldati dell’esercito regolare di arruolarsi come volontari nelle truppe della Lega araba. Altre informazioni affermano però che la partecipazione egiziana alla lotta palestinese avverrebbe con oltre diecimila soldati, i quali, pur mantenendo la qualifica di volontari, sarebbero rigidamente organizzati come forze dell’esercito regolare egiziano.

All’ultima ora poi, si apprende che un ministro egiziano ha dichiarato che unità dell’esercito egiziano, ammassate al confine palestinese con mezzi blindati ed equipaggiamento moderno potranno ricevere nella settimana corrente l’ordine di entrare in campo in Palestina. Da Washington giunge notizia che il Ministero dell’aeronautica ha comunicato che prossimamente due gruppi di forze aeree americane si installeranno nel Medio Oriente: queste due nuove stazioni saranno costituite a Dharan, in Arabia, ed a Tripoli.

Interessanti particolari si apprendono frattanto sulla Legione araba: questa è attualmente lo strumento di guerra più perfetto del Medio Oriente, e conta su una forza di di circa 20 mila uomini, divisi in due divisioni corazzate. Alle due divisioni, mantenute con la spesa annua di 2 milioni di sterline fornite da Londra, si possono aggiungere, come truppe di seconda che Glubb Pascià, attuale comandante dell’esercito transgiordano, provvede a tenere in piena efficienza.

Glubb Pascià è un ufficiale britannico che ha percorso tutti i gradi, fino a quello di colonnello che attualmente riveste nell’esercito inglese, senza avere mai indossato la divisa del suo paese. Egli infatti ha trascorso tutta la sua esistenza fra i beduini del deserto, organizzandoli militarmente al servizio degli interessi britannici, ed ha fatto una rapida carriera in Transgiordania, delle cui truppe ha ora il comando.

Sui combattimenti in corso, che si svolgono accanitamente a Giaffa, e S. Giovanni d’Acri e nelle vicinanze […] Aviv per citare solo […] principali, nessun comunicato è stato emanato dai comandi delle truppe sul campo. Si sa però che le perdite sono ingenti da ambo le parti. Secondo ultime notizie truppe della «Legione araba» combatterebbero a fianco di truppe iraquene all’interno di Giaffa.

L’Haganah ha intanto ordinato la mobilitazione generale della popolazione palestinese.

M. U.


Cap. 7

  Top c. 1 28.4.1948 ↓  c. 3 →  plus

Sotto accusa la Gran Bretagna
l’Unità,
28 aprile 1948
Mercoledì, p. 1

Lake Success, 27 aprile. – Nella riunione odierna del Consiglio di Sicurezza dell’ONU il delegato Latz-Sacky, in merito alla questione palestinese ed  all’azione della Transgiordania, ha osservato che la Legione araba è tuttora sotto il comando inglese ed è l’unico esercito al mondo direttamente finanziato da un bilancio di un Paese straniero. Sacky ha accusato la Gran Bretagna di aver fatto ogni sforzo per impedire l’attuazione del progetto di spartizione.

Da Londra si apprende che domani il ministro Bevin sarà interrogato ai Comuni sulla questione palestinese.

Radio Mosca, in una trasmissione odierna, ha affermato che Gran Bretagna e Stati Uniti antepongono i loro interessi per il petrolio in Medio Oriente alla soluzione dei problemi palestinesi, ed ha confermato che l’Unione Sovietica è favorevole al piano di spartizione.


Cap. 8

  Top c. 2 14.5.1948 ↓  c. 3 →  plus

Alla mezzanotte di oggi l’Egitto invaderà la Palestina
l’Unità,
14 maggio 1948
Venerdì, p. 4

Titoli: Allo scadere del Mandato britannico. Alla mezzanotte di oggi l’Egitto invaderà la Palestina. Le responsabilità degli imperialisti angloamericani. Aspri combattimenti sono già in corso fra le truppe arabe ed ebree.

TEL AVIV, 13. –  Dopo nove ore di discussione in una seduta a porte chiuse del governo ebraico è stato deciso che domani venerdì 14 maggio alle ore 24 venga proclamata la costituzione del nuovo stato ebraico in Palestina, che prenderà il nome di «stato di Israele».

Le organizzazioni combattenti ebraiche hanno chiamato oggi sotto le armi tutti gli uomini e le donne già militarmente addestrati e compresi nelle età fra i 18 e i 35 anni. La mobilitazione è evidentemente stata adottata in considerazione dei provvedimenti militari presi dagli stati arabi confinanti.

Continua intanto l’evacuazione degli inglesi. Il generale Mac Milan, comandante britannico in Palestina, in un suo ordine del giorno in data di ieri, stabilisce i limiti della «zona di occupazione iniglese» entro la quale si vanno ammassando le truppe destinate ad essere sgombrate. Nel suo ordine del giorno il generale Mac Milan dichiara che le truppe inglesi ancora iti Palestina verranno ritirate a ritmo celere.

Alla vigilia della partenza delle truppe inglesi dalla Terrasanta il Foreign Office ha pubblicato una dichiarazione con la quale, si tenta di gettare sulle organizzazioni ebraiche la responsabilità della situazione creata nel paese dalle manovre dell’amministrazione britannica.

Gravissima è la situazione che le truppe inglesi lasciano e la responsabilità di essa ricade in realtà sulla politica di Bevin e del governo laburista britannico. Mentre si profila minacciosa l’invasione araba già scontri sanguinosi hanno avuto luogo ovunque. Alla mezzanotte e un minuto, hanno annunciato capi degli eserciti arabi che attendono alla frontiera palestinese, le truppe egiziane, siriane, irakene, libanesi, transgiordane e yemenite penetreranno nel paese per impegnare una sanguinosa guerra contro il sionismo. Questa è la situazione che gli imperialisti, partendo dalla Terrasanta, lasciano nel paese.

A Tel Aviv l’Haganah ha annunciato stasera a tarda ora che la colonia ebraica di Kfar Etzion, nei pressi di Hebron, a sud di Betlemme, è stata separata da un attacco arabo e che forze della legione araba sono pemetrate in Kfar Etzion stessa.

Preparandosi ad iniziare una guerra in piena regola, gii arabi hanno chiuso al traffico civile tutte le strade alle frontiere con l’Egitto, la Transgiordania, la Siria ed il Libano, e gli ebrei, da parte loro. hanno posto sbarramenti sulle strade arabe che sfociano nella zona dello stato ebraico.

Forze d’esplorazione della Irgun Zvai Leumi hanno occupato la notte scorsa in territorio arabo, otto villaggi, compreso Beisan.

Intanto,  all’O.N.U. la delegazione americana e quella inglese hanno preparato un nuovo piano, che prevede la cessazione delle attività della Commissione per la Palestina — ossia l’accantonamento «sine die» del piano di spartizione — e la nomina di un commissario da parte di un comitato internazionale. Candidato a tale carica è Harold Evans, membro della Società dei Quaccheri di Filadelfia. Al progetto si sono opposti tanto gli ebrei, quanto i delegati delle potenze che sostengono tuttora il progetto di spartizione, unica possibile soluzione della questione palestinese, la Polonia, il Guatemala e l’URSS. Il delegato sovietico ha sottolineato nel corso di un suo intervento come il progetto americano, mettendo in dubbio la legalità del nuovo governo ebraico, darà maggiore appiglio alle rivendicazioni arabe e condurrà pertanto alla guerra.

È stato poi proposto di porre Gerusalemme sotto amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite allo scadere del mandato. La proposta, approvata dalla sottocommissione dei Quindici, dovrà esserlo dalla commissione politica e dalla Assemblea Generale. Ress William, rappresentante di un ente religioso americano, ha accettato, con riserva, la nomina.


Cap. 9

  Top c. 3 27.5.1948 ↓  c. 5 →  plus

Pioggia di bombe su Gerusalemme
l’Unità,
27 maggio 1948
Giovedì, p. 1

Titoli: La risposta araba al “cessate il fuoco” dell’O.N.U. Pioggia di bombe su Gerusalemme. Gli ebrei, asserragliati nella città vecchia, resistono ancora. La Lega prepara l’attacco alla città nuova presidiata da centomila israeliti.

(NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE).

Gerusalemme, 26 maggio. – Il primo ministro siriano ha comunicato oggi a Damasco che gli arabi hanno respinto la richiesta dell’ONU per la cessazione del fuoco in Palestina. Egli ha dichiarato che la risposta degli Stati arabi al Consiglio di Sicurezza – spedita stamani – [?…]. Si rifiuta di fornire particolari, limitandosi a dire che l’appello dell’ONU è stato respinto.

Varie risposte arabe all’intimazione dell’ONU sono giunte oggi a Lake Success, e tutte concordano nel non cessare le ostilità a meno che il Consiglio di Sicurezza non imponga agli ebrei determinate condizioni, che, in pratica, corrispondono ad una resa incondizionata. In sostanza si tratterebbe dell’annullamento dello Stato d’Israele con tutte le conseguenze.

Gli Stati della Lega Araba – si apprende all’ultima ora da Lake Success – non hanno né accettato né respinto l’ordine del Consiglio di Sicurezza per la cessazione del fuoco. La loro risposta, informa il Consiglio, è che essi sono disposti a nominare una commissione che collabori con la commissione dell’ONU per la tregua in Palestina e discuta con essa i termini per la tregua stessa. Questi termini sono, come è noto, tali che non permettono neppure l’inizio dei negoziati. La risposta araba all’intimazione dell’ONU è quindi negativa, ed è evidente che la Lega prima di tentare dei negoziati, sia pure su quelle basi, vuole assicurarsi delle vittorie militari, che possano influire sulla diplomazia ebraica.

L’annuncio della risposta araba, benché questa fosse attesa, ha nondimeno provocato stupore. Nello stesso momento in cui scadeva il termine supplementare concesso dall’ONU, Abdullah si è fatto intervistare per dichiarare che le sue truppe condurranno fino in fondo l’azione militare. Gli ambienti politici e militari sono ora in attesa delle deliberazioni che prenderà il Consiglio di Sicurezza. La situazione è senz’altro grave: sei nazioni – sulle sette che hanno iniziato l’invasione – appartengono alla Organizzazione delle Nazioni Unite. Si tratta quindi di un problema che supera lo stesso conflitto palestinese, per assumere proporzioni ben più vaste.

Durante la giornata la lotta è intanto continuata incessante in Gerusalemme e sugli altri fronti. Nella città santa le sorti della battaglia sembrano volgere  a favore degli ebrei, i quali hanno inflitto gravissime perdite agli avversari, particolarmente nella zona di Latrun [?], dove i combattimenti hanno assunto un carattere di eccezionale asprezza. Immutate sono rimaste le posizioni nel quartiere di Jarrah e nella città vecchia, dove la lotta tende a stabilizzarsi e a interrarsi.

Gerusalemme è stata sottoposta ad un bombardamento indiscriminato da parte di apparecchi arabi che hanno sganciato bombe esplosive ed incendiarie. Gli arabi si preparano intanto ad attaccare la città nuova, dove 100 mila israeliti sia pure in difficili condizioni si preparano alla estrema difesa.

M. U.
Cap. 10

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4375 chiama Al Maza
l’Unità,
27 maggio 1948
Giovedì, p. 1

(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE).
Tel Aviv, 26 maggio. – La prova più drammatica che gli ufficiali britannici stanno dirigendo ogni fase della [?] araba in Israele è fornita dai bombardamenti terroristici su questa città. Le incursioni sono continuate ieri, sino a poche ore prima cessate il fuoco, che del resto nessuno si aspetta che venga rispettato. Ed era possibile ieri ascoltare sulle onde corte i piloti egiziani che parlavano con le loro basi mentre erano sul cielo della capitale di Israele.

Nel campo di onde corte fra i 5 metri e i 26, sta la prova incontrovertibile che queste incursioni sono dirette da ufficiali britannici. Io stesso ho ascoltato più volte. Questo è quanto si sente. «Qui il pilota numero 4375 che chiama Al Maza. Qui il pilota numero 4375 che chiama Al Maza. Siamo ora sopra il centro della città. Voliamo a 4 mila metri. Stop. La base risponde. Va bene, 4375. Riceviamo. Va bene, 4375. Riceviamo. Stop.»

Il pilota che è evidentemente egiziano, parla a mala a pena l’inglese e chiede istruzioni. La risposta arriva in un inglese correttissimo di persona colta, con puro accento di Oxford, e dirige il pilota nel lancio delle bombe, indicando gli obiettivi e dando ordini per il ritorno.

Il curioso è che questi piloti non devono essere stati adeguatamente istruiti prima di essere lanciati in volo, se così spesso essi devono ricorrere a queste lunghe discussioni, mentre sono sul cielo della città, per chiedere che cosa devono fare.

Il controllo britannico nelle operazioni aeree non è confermato solo dalle radio degli aeroporti egiziani.  Stamattina ho udito un iracheno aviatore chiamare. Qui arma aerea irachena 146. Voglio atterrare ad Amman. La risposta non fu possibile captarla, ma il fatto che il pilota parlasse inglese indica abbastanza chiaramente che non stava indirizzandosi a un arabo.

È stato così provato che non solo sono inglesi i quadri della Legione araba e dell’Esercito siriano, ma anche quelli che dirigono le forze aeree d’invasione. In molti settori del fronte gli ebrei hanno udito dare comunicazioni e istruzioni ai carri armati siriani e arabi, e alle unità avanzate attraverso la radio in inglese.

In una parte del fronte settentrionale che io stesso ho visitato un ufficiale tedesco dirigendo i carri armati avanzanti dava ordini in un pessimo inglese, la sola lingua che egli e gli uomini dei carri avessero in comune. Nei momenti di eccitamento però egli senza accorgersene gridava in tedesco.

Derek Kartoun

Cap. 11

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La responsabilità degli inglesi
l’Unità,
27 maggio 1948
Giovedì, p. 1

(DAL NOSTRO CORRISPONDENTE)

Londra, 26 maggio. – Gli stati arabi non obbediscono all’appello dell’ONU per la cessazione del fuoco. Imbeccato ieri dalle dichiarazioni di Bevin che accusava gli ebrei di non aver rispettato il precedente cessate il fuoco, il re Abdullah ha risposto che in simile maniera non si può prestar fiducia alla banda sionista, perché questa non dà affidamento di rispettare gli accordi. Così gli stati arabi si sono creduti di dare una risposta all’appello dell’ONU.

L’Arabia Saudita per suo conto ha chiesto come condizione per cessare i combattimenti che si ponga un termine alla politica del sionismo. Una seconda condizione chiesta all’ONU è la garanzia che il numero degli emigranti ebrei e delle forze armate d’Israele non venga aumentato. Il governo britannico non è esente da responsabilità nell’aver dato agli arabi la possibilità di porre queste condizioni. L’altro giorno il governo laborista appoggiava le richieste arabe del rinvio del “cessate il fuoco” di 18 ore.

Ieri poi il portavoce del Foreign Office a Londra confermava che l’ambasciatore britannico a Parigi aveva chiesto al governo francese di «non prendere alcuna iniziativa per quanto riguardava la Palestina fino a che gli arabi non avessero risposto all’appello dell’ONU». Questa ammissione esplicita conferma la voce che il governo laborista aveva fatto pressioni al Quai d’Orsai affinché questo non riconoscesse lo stato d’Israele, prima che un simile passo fosse fatto anche dai governi del Benelux. Mentre così da una parte s’impediva ogni aiuto diplomatico allo stato d’Israele, dall’altro il governo laborista appoggiava le richieste arabe d’un rinvio di 48 ore, allo scopo – secondo i circoli diplomatici londinesi – di dar tempo alle forze arabe di conquistare Gerusalemme e di rafforzare così la loro posizione militare e politica prima che si inizino i negoziati per la pace.

Intanto Bevin, di nuovo oggi interrogato ai Comuni, doveva ammettere che 37 ufficiali britannici sono al servizio della legione araba.
Corrado Salviati

Cap. 12

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Gli S. U. vogliono il Medio Oriente
l’Unità,
27 maggio 1948
Giovedì, p. 1

(DAL NOSTRO CORRISPONDENTE)

Mosca, 26 maggio. – Analizzando la posizione degli Stati Uniti nei confronti del problema palestinese, Zukov scrive sulla Pravda: «La discussione del problema palestinese in seno agli organi delle Nazioni Unite costituisce una catena di manovre immorali. La diplomazia americana usa come pedine i sentimenti del popolo ebraico e arabo avendo per mira obiettivi egoistici. Da una parte i monopoli e i militaristi americani vogliono cattivarsi il favore degli arabi allo scopo di estendere e di consolidare il loro controllo sul Medio Oriente, dall’altra parte i circoli dirigenti americani non possono, specialmente nell’anno delle elezioni presidenziali, non riconoscere il fatto che il voto di milioni di cittadini americani ebrei, rappresenta un considerevole fattore per il destino degli Stati Uniti. Proprio per questi contrastanti elementi di fatto, Washington svolge un immorale doppio gioco nei confronti del problema palestinese promettendo il suo appoggio prima ai nazionalisti arabi a spese della popolazione ebraica, poi ai nazionalisti ebrei a spese della popolazione araba. Il Governo degli Stati Uniti non vuole permettere l’esistenza di uno Stato sovrano, indipendente in Palestina, in quanto non sarebbe facile per i monopoli americani mantenere la loro influenza su quel territorio. Pertanto essi insistono affinché sotto la guida delle Nazioni Unite sia stabilito in Palestina un regime di dittatura che farebbe ritornare il Paese all’epoca in cui esso costituiva parte dell’Impero Ottomano.

«I fatti hanno tuttavia dimostrato che i dirigenti della politica americana hanno sbagliato i loro calcoli avendo sopravalutato le loro possibilità in seno all’Organizzazione delle Nazioni Unite e sottovalutato le forze dell’opinione pubblica mondiale».

Concludendo Zukov scrive: «Gli interessi della pace e della sicurezza esigono che le Nazioni Unite adottino decisioni per porre termine alle ostilità in Palestina. Ciononstante i dibattiti svoltisi negli ultimi giorni in seno al Consiglio di Sicurezza hanno dimostrato una volta ancora che i raprresentanti americano e britannico non vogliono adottare quelle decisioni che, rapidamente applicate, potrebbero eliminare il conflitto. La vergognosa condotta dei rappresentanti americani in seno al Consiglio di Sicurezza, i quali prima propongono una mozione che riconosce come in Palestina vi sia stata una violazione della pace, e poi non lottano per la sua adozione, denuncia agli occhi del mondo il fallimento della politica americana sul problema palestinese».

P. R.


Cap. 13

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Per il riconoscimento dello Stato ebraico
l’Unità,
27 maggio 1948
Giovedì, p. 1


Roma, 26 maggio. - La segreteria del PCI comunica:

Il 24 e il 25 maggio si è riunita in Roma la Direzione del Partito Comunista.

È stato approvato un piano di lavori del Partito sui fondamenti della linea tracciata dalla recente riunione del comitato centrale.

PER IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO EBRAICO

La Direzione del Partito attira l’attenzione di tutti i cittadini, amanti della pace, sulla tragedia della popolazione della Palestina, gettata nell’abisso di una nuova guerra di sterminio per la criminale politica degli Stati imperialisti che perseguono brutalmente in quella regione i loro interessi.

Nel momento in cui l’Unione Sovietica svolge efficacemente davanti a tutto il mondo la sua azione intelligente e tenace per una distensione dei rapporti internazionali e per la difesa della pace, gli avvenimenti della Palestina smascherano e denunciano la sanguinosa ipocrisia dei governi inglese e americano, responsabili diretti della guerra da essi consapevolmente provocata e alimentata.

Sono stati invitati i gruppi parlamentari del Partito a denunciare alla Camera dei deputati e al Senato la miserevole condotta del governo italiano il quale sollecito di non urtare i suoi padroni angloamericani ha sinora rifiutato il riconoscimento dello stato ebraico.

Il partito comunista chiederà che questo riconoscimento abbia luogo al più presto come manifestazione di giustizia internazionale e segno di solidarietà con un popolo che eroicamente sta difendendo la propria esistenza minacciata ieri dagli hitleriani e oggi dai corifei delle «democrazie occidentali».


Cap. 14

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La mozione per la pace in Palestina
respinta dai satelliti degli anglo-americani
l’Unità,
30  maggio 1948
Domenica, p. 1

Titoli: La proposta sovietica al Consiglio di Sicurezza. La mozione per la pace respinta dai satelliti degli anglo-americani. Truppe arabe a 25 km da Tel Aviv. Gerusalemme bombardata con proiettili incendiari.

LAKE SUCCESS, 29. – La mozione sovietica relativa all‘adozione di misure coercitive per porre fine alla guerra in Palestina è stata respinta questa sera al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con sei astensioni e cinque favorevoli. La maggioranza necessaria era di voti 7. Hanno votato a favore l’URSS, Stati Uniti, Ucraina, Polonia e Francia. Si sono astenuti Belgio, Argentina, Canada, Cina, Siria e Gran Bretagna.

La mozione è stata quindi respinta con il voto della Gran Bretagna, dei satelliti della Gran Bretagna e di quelli degli Stati Uniti. Negli ambienti dell’ONU si dichiarava stasera che se gli Stati Uniti avessero voluto far approvare la mozione in questione non avrebbero avuto da fare altro che dare una indicazione in questo senso ai loro satelliti.

Prima della votazione, il delegato sovietico Gromiko aveva dichiarato che la proposta avanzata dall’URSS era la sola capace di normalizzare la situazione in Palestina, mentre la proposta britannica di rinviare di quattro settimane l’applicazione delle sanzioni avrebbe servito soltanto «ad intensificare lo spargimento di sangue in Palestina, sangue di cui l’Inghilterra è in larga misura responsabile».

Il rappresentante sovietico ha denunciato, quindi, che «il motivo ispiratore della mozione britannica è di dare tempo agli arabi di distruggere il nuovo stato d’Israele. Gli inglesi ovviamente contano di complicare la situazione in modo tale da rendere estremamente difficile allo stato ebraico di reggersi».

Da Mosca si apprende che in un editoriale pubblicato oggi la Pravda scrive:

«Fin dal primo momento in cui nella primavera dell’anno scorso, venne sollevata la questione in seno all’Organizzazione delle Nazioni Unite del destino dei popoli abitanti la Palestina, l’Unione Sovietica ha assunto un atteggiamento del tutto esplicito, insistendo sull’assicurazione e sulla protezione degli interessi sia degli arabi che degli ebrei.

Non avendo gli arabi e gli ebrei raggiunto un accordo sulla creazione di uno Stato arabo-ebraico e non essendo stato trovato il mezzo di raggiungere un accordo tra di essi, l’Unione Sovietica votò in favore della spartizione della Palestina per assicurare in tal modo il diritto nazionale all’indipendenza non soltanto per gli arabi ma anche per la popolazione ebraica in quel territorio. Per tale motivo l’Unione Sovietica si è sentita obbligata a riconoscere il giovane Stato di Israele proclamato in conformità con la decisione dell’ONU.

L’Unione Sovietica ha difeso e difende l’indipendenza degli Stati arabi e del popolo arabo, ma deve essere assolutamente chiaro che conducendo la guerra contro il giovane Stato ebraico, gli arabi, lungi dal combattere per i propri interessi nazionali o per la propria indipendenza, combattono oggi contro il diritto degli ebrei di stabilire il proprio Stato indipendente.




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